Cold Spring, New York – Magazzino Italian Art presenta la mostra Maria Lai. A Journey to America, la prima retrospettiva negli Stati Uniti dedicata a una figura chiave dell’arte italiana del secondo Novecento, il cui lavoro eclettico e visionario è riuscito a collegare le tradizioni della nativa Sardegna, la sensibilità e i metodi dell’Arte povera e l’influenza della cultura americana sulla scena artistica internazionale.
In programma dal 15 novembre 2024 al 28 luglio 2025, la mostra presenta circa 100 opere di Maria Lai (Sardegna, Ulassai 1919 – Cardedu 2013), tra cui numerosi lavori visibili per la prima volta al pubblico. La maggior parte delle opere in mostra non sono mai state esposte negli Stati Uniti. La mostra offre una ricca panoramica della produzione di Maria Lai dagli esordi degli anni Cinquanta fino agli anni Duemila, con un focus sulla sua sperimentazione nell’arte collettiva e relazionale.
La mostra, curata dalla direttrice artistica di Magazzino Paola Mura, presenta un significativo corpus di opere della collezione di Magazzino Italian Art (MIA) e di altre raccolte private americane e di istituzioni italiane, tra cui: Fondazione Maria Lai, Fondazione di Sardegna, MAN – Museo d’arte della Provincia di Nuoro, Museo di Aggius, Musei Civici di Cagliari, MUSMA – Museo della Scultura Contemporanea Matera, Consiglio e Regione Autonoma della Sardegna e con il contributo di Ilisso Edizioni.
La storia di Maria Lai attraversa un secolo di conflitti e contraddizioni, che l’artista ha affrontato con il coraggio e la determinazione necessari per affermarsi in un mondo prettamente maschile. È una ricerca artistica segnata da difficoltà e ostacoli, in cui Lai, con un’originalità assoluta, ha cercato e trovato una propria dimensione autonoma, spesso al prezzo di un lungo isolamento e di una problematica alterità. La mostra narra la sua storia evidenziando la portata innovativa di questo viaggio, nello spazio, nel tempo e nell’arte, che muove dalla Sardegna, per allontanarsene e poi di nuovo tornare.
Questo viaggio tocca e comprende l’America, che Lai visitò per la prima volta nel 1968. Una sezione fondamentale della mostra sarà dedicata ai dipinti – testimoni del passaggio di Maria Lai all’arte astratta – che l’artista portò con sé durante il viaggio in America, tra Montreal e New York, nella speranza – mai concretizzata – di esporli al pubblico americano. Queste opere, tuttora conservate in Canada e negli Stati Uniti, e mai esposte prima d’ora, sono presentate in mostra in stretto dialogo con un’importante collezione di dipinti degli anni Cinquanta. Tra questi, il Gregge di pecore del 1959, un dipinto di 3 metri per 1,20 metri, conservato presso il Consiglio Regionale della Sardegna e che non è mai stato esposto altrove.
Paola Mura, direttrice artistica di Magazzino e curatrice della mostra, afferma: “Maria Lai. A Journey to America esplora il percorso creativo e personale di Maria Lai, con la Sardegna come punto di ancoraggio e fonte inesauribile di ispirazione. Da queste radici profonde, Lai ha espanso la sua ricerca artistica, intrecciando le tradizioni sarde con i principi dell’Arte Povera. In questo processo, si è confrontata con i dibattiti culturali e sociali del suo tempo, accogliendo le influenze degli artisti e degli scrittori americani che ammirava. Queste combinazioni uniche fanno di Maria Lai un’artista straordinariamente attuale in un mondo in cui la fusione di tradizioni storiche, filosofie diverse e immagini contrastanti è parte integrante della nostra quotidianità. Sono profondamente orgogliosa di presentare la prima retrospettiva statunitense del suo lavoro al Magazzino Italian Art, dove l’eccezionale collezione di Arte Povera del museo offrirà il contesto ideale per valorizzare il contributo unico di Maria Lai”.
Adam Sheffer, direttore di Magazzino, spiega: “Proprio come Maria Lai ha creato un ponte tra luoghi e culture nella sua arte, e nella sua iniziativa più celebre ha letteralmente legato un villaggio per unire la sua gente, così Magazzino crea un luogo singolare dove i visitatori possono incontrare la più grande arte dell’Italia del dopoguerra. Siamo eccezionalmente orgogliosi di poter offrire al nostro pubblico un’esperienza più ampia dell’arte italiana contemporanea, proponendo la prima retrospettiva nordamericana di questa straordinaria artista”.
I fondatori di Magazzino, Nancy Olnick e Giorgio Spanu, dichiarano: “Quando ci siamo imbattuti nel lavoro di Maria Lai, tre decenni fa, abbiamo capito subito che era essenziale per lo sviluppo dell’Arte Povera. Eppure, il suo ruolo è ancora poco riconosciuto. Impareggiabile tra i suoi colleghi nel perseguire una visione singolare, Lai ha portato avanti il suo mestiere con ingegno e determinazione. Siamo onorati di presentare al pubblico americano il suo lavoro”.
LA MOSTRA E IL PERCORSO ARTISTICO DI MARIA LAI
Maria Lai. A Journey to America si apre con una rassegna delle opere che indagano il paesaggio e la cultura sarda, elementi che hanno profondamente influenzato i suoi primi lavori. Nel 1945 Maria Lai inizia a creare disegni a matita, inchiostro e acquerello (in mostra Veduta di Cagliari, 1952, MIA; Ritratto di Salvatore Cambosu, 1952, Collezioni civiche di Cagliari), oltre a dipinti e sculture che rivelano le sue straordinarie capacità tecniche e artistiche nella figurazione.
Nel 1956 si trasferisce a Roma, dove il suo lavoro si evolve anche grazie al confronto con gli artisti dell’Arte Povera. Inserita nel vivace ambiente romano, frequenta gallerie che presentano sia artisti americani che italiani. Tra queste spiccano La Tartaruga, che ha ospitato le prime mostre europee di Franz Kline e Cy Twombly, L’Obelisco, dove esponevano Robert Rauschenberg e Alexander Calder, e L’Attico, noto per la collaborazione con Pino Pascali e Mario Merz. Lai ha vissuto a Roma dal 1956 al 1991, intrecciando rapporti con figure di rilievo come Alighiero Boetti (1940-1994), Jannis Kounellis (1936-2017) e Pino Pascali (1935-1968).
Alla fine del decennio, la sua produzione artistica subisce una trasformazione significativa: il realismo che aveva caratterizzato le opere degli anni precedenti evolve in uno stile più essenziale, dove la sintesi poetica diventa sempre più marcata. In mostra, questo cambiamento è evidente in opere come Ovile (1959) della collezione del MAN di Nuoro e Gregge di pecore (1959) del Consiglio Regionale della Sardegna, dove la semplicità formale si intreccia con una profonda tensione narrativa.
Dalla fine degli anni Cinquanta e per quasi un decennio, Lai si dedica alla sua ricerca artistica senza cercare opportunità espositive. Progressivamente si lascia alle spalle la figurazione per abbracciare l’astrazione e si allontana dalla pittura e dal disegno, orientandosi verso una ricerca più radicale. Inizia a esplorare l’uso di vari materiali dando vita a un linguaggio artistico innovativo. Questo passaggio è testimoniato in mostra da opere come Composizione Polimaterica (1964) di MIA e Composizione Policromatica. Territorio Sardo dal cielo (1965) della Collezione d’Arte della Fondazione di Sardegna.
Innamorata della poesia di Walt Whitman, conoscitrice della pittura di Jackson Pollock e Robert Rauschenberg, Lai decide quindi di visitare l’America nella primavera del 1968. La mostra mette in evidenza il viaggio di Maria Lai in America, tra Montreal, Canada e New York, USA, durante il quale porta con sé alcune delle opere per lei più significative con la speranza di esporle. Visibili per la prima volta in mostra sette di queste opere, tra cui Notturno n.2 e Pietre (1968), provenienti da una collezione privata americana. In questa occasione Lai sviluppa un forte interesse per le culture visive dei nativi americani, che esplora durante il suo soggiorno in Ontario.
Subito dopo il suo ritorno in Italia, l’artista trova il coraggio di presentare i risultati delle sue sperimentazioni alla Biennale di Bolzano nel 1969 e alla Galleria Schneider di Roma nel 1971, dove presenta i suoi Telai. È infatti in questi stessi anni che l’artista dà vita alla serie forse più nota nella sua produzione, ispirata agli strumenti utilizzati storicamente dalle donne della Sardegna per creare oggetti quotidiani, tappeti, tele di corredo, spesso di elevato valore estetico.
A questa importante serie è dedicata un’ampia sezione della mostra, che comprende, fra gli altri, Telaio (1965) dei Musei Civici di Cagliari, Telaio del Mattino (1969) della Collezione d’Arte della Fondazione di Sardegna, il Telaio in sole e mare (1971) e il telaio Senza titolo (1975), mai esposto finora, di MIA.
A queste opere seguiranno le sperimentazioni in cui le tele, assemblate e cucite, e i fili che tracciano segni e geometrie, sostituiscono completamente la tecnica pittorica: le Tele cucite e le Geografie. La mostra dà rilevanza a queste opere attraverso, fra le altre, la tela cucita Veliero (1972) e la geografia La costellazione di Raffaello (1983) di MIA; il telaio Senza titolo (1975) e la Geografia (1986) della collezione MAN.
E ancora i Libri cuciti asemantici (in mostra Non era un sogno, 1979, di MIA), esposti nella collettiva Materializzazione del Linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio in occasione della Biennale di Venezia del 1978, cui seguiranno le Fiabe cucite (in mostra Tenendo per mano l’ombra, 1987, MIA e Maria Pietra, 1994, collezione privata) che riflettono la sua fascinazione per le leggende, i sogni e gli archetipi, temi ricorrenti nella sua opera.
Maria Lai torna periodicamente nella sua isola e nel suo villaggio natale, dove intraprende la prima incursione italiana in quella che oggi è conosciuta come arte relazionale. In Sardegna, nel 1981, realizza una delle sue opere più significative, Legarsi alla montagna. Per questo progetto, coinvolge gli abitanti del villaggio di Ulassai, collegando gli edifici del paese tra di loro e con la montagna, utilizzando 26 chilometri di un nastro azzurro di tela jeans. L’obiettivo è quello di coinvolgere ogni abitante del villaggio e mappare le connessioni tra di loro e con l’aspro paesaggio dell’Ogliastra. I nastri variano da una casa all’altra in base alle relazioni: un pane avvolto con un nastro indicava i membri della stessa famiglia, i nodi gli amici, nessun segno per chi aveva rapporti di rancore.
In mostra il video su Legarsi alla montagna realizzato da Tonino Casula e le fotografie di Pietro Berengo Gardin con interventi di Maria Lai.
L’esposizione, che ripercorre la ricerca e la produzione di Maria Lai nel corso della sua vita, comprende quindi i lavori successivi al suo ritorno in Sardegna negli anni ’90, con un sezione che sviluppa il tema caro all’artista di Maria Pietra, figura di donna/artista in dolorosa e perenne ricerca, per arrivare fino alla produzione del primo decennio del XXI secolo, in un’ampia sezione che comprende opere polimateriche, grandi lenzuoli cuciti, libri cuciti, e alcuni straordinari telai più recenti, fra cui trovano risalto in mostra anche Li trammi (2006) e Fili di vela spaziale (2007).
La mostra testimonia il ricorrente rapporto con l’America di Maria Lai, confermato negli anni ‘70, dalla partecipazione alla collettiva, From Page to Space: Women in the Italian Avant-Garde between Language and Image, tenutasi nel 1979 presso il Center for Italian Studies della Columbia University di New York e curata da Bentivoglio.
L’attenzione di Maria Lai per l’America è testimoniata da Il canto delle formiche rosse n. 5, (collezione privata) e Millequattrocentonovantadue (MIA), del 1992, dedicate al cinquecentenario del viaggio di Colombo alla ricerca del “passaggio in India”: questi libri cuciti dalle accese cromie riportano fitte scritture asemantiche ispirate alle popolazioni native e alla terra americana. Ancora all’America e al tragico attentato alle Twin Towers dell’11 settembre, che ha segnato tristemente la storia recente, Lai dedica il Telaio, La torre (collezione MUSMA Matera), significativamente datato 1971-2002.
L’esposizione si concentra infine sull’ultima azione collettiva di Lai, Essere è tessere, realizzata nel 2008 nella cittadina sarda di Aggius, nota per la sua tradizione tessile. In quest’occasione, Maria Lai, quasi novantenne, ha voluto che l’azione collettiva e la creazione di una serie di opere tessili fosse accompagnata da letture di versi di Walt Whitman. Queste opere saranno esposte nella mostra Maria Lai. A Journey to America, loro prima presentazione al di fuori del contesto d’origine (Telaio n. XIII, Lettere, Cartigli I-IV, 2008, collezione Musei di Aggius ONLUS).
INFO
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