L’eccezionale incremento dei costi energetici, dovuto alla particolare congiuntura internazionale, sta mettendo a dura prova il bilancio di famiglie e imprese. Ma in alcuni comparti (le cosiddette attività energivore, cioè quelle a forte consumo di energia elettrica e gas), l’aumento dei costi può diventare davvero insostenibile, mettendo a rischio una quota importante dell’economia regionale. In particolare, oggi in Sardegna sono 707 le aziende ad alto consumo energetico che a causa dei rincari rischiano di dover chiudere i battenti. Queste unità locali occupano 5.327 addetti, in netta prevalenza riconducibili al comparto manifatturiero (534 unità locali con 4.042 addetti).
È quanto emerge da un recente dossier del Centro studi della Cna Sardegna che per quantificare le imprese che per quantificare le aziende a rischio fa riferimento ai requisiti per l’accesso alle agevolazioni per le imprese energivore previsti dal Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 (che dispone misure agevolative rivolte alle imprese operanti nei settori indicati dall’Allegato 3 delle Linee Guida CE 200/01 del 2014).
“La crescita dei costi energetici e la particolare fragilità delle imprese sarde, in prevalenza caratterizzate da dimensioni medio-piccole e piccolissime, rende ancora più strategico il tema della produzione di energia da fonti rinnovabili per l’autoconsumo – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna –. In un simile contesto, iniziative dell’amministrazione pubblica volte a promuovere la riduzione delle bollette energetiche, anche con l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto dei capannoni, che risulterebbero più strategiche che altrove anche in ottica di rilancio a tutto tondo della competitività del tessuto imprenditoriale sardo. Inoltre, in una regione che ha vissuto pesantemente gli effetti delle misure straordinarie messe in atto per fronteggiare la crisi pandemica e che fatica a recuperare il terreno perso durante il biennio pandemico, si può dire che le difficoltà delle imprese cosiddette energivore potrebbero avere ricadute sull’industria delle costruzioni, settore che attualmente rappresenta uno dei pochi driver, insieme al turismo domestico, della stentata ripresa dell’economia regionale. Alla Regione chiediamo che nella prossima legge finanziaria venga istituito per il prossimo triennio un credito di imposta del 50% per le spese sostenute per l’installazione degli impianti fotovoltaici negli edifici industriali e artigianali. Con 25 mln di euro annui per tre anni di risorse pubbliche, si ridurrebbero del 22% i consumi di circa 1500 PMI aderenti all’iniziativa con un risparmio energetico del 4,5% di tutto il settore manifatturiero.
Le attività energivore in Sardegna
Le attività energivore in Sardegna rappresentano il 15,2% dell’occupazione complessiva nel settore estrattivo, quello manifatturiero e delle utilities. Considerando solo il settore manifatturiero, la quota di imprese classificate come energivore è pari al 13%, un valore sostanzialmente in linea con il dato nazionale ma che pone l’Isola al nono posto tra le regioni italiane, con una quota superiore a quella di regioni come Emilia (12,9%), Trentino (12,9%), Toscana (12,5%) e Piemonte (12,4%).
Valutando l’incidenza sull’occupazione complessiva (considerando tutti i settori), il peso delle energivore si riduce all’1,6%, circa la metà del valore medio nazionale (3,1%). Questo dato, tuttavia, riflette una caratteristica dell’economia regionale, più di altre caratterizzata da attività afferenti al comparto turistico, ricettivo e dei servizi alla persona, con un ruolo del settore manifatturiero mediamente meno rilevante.
Nell’articolazione delle imprese energivore sarde, invece, si evidenzia una rilevante incidenza delle attività afferenti al settore costruzioni: circa il 20% degli addetti delle imprese energivore, infatti, è impiegato in attività di estrazione e lavorazione di pietre ornamentali e da costruzione, nella produzione di cemento, calce, piastrelle, sanitari in ceramica, vetro piano ed infissi. Si tratta di una quota che colloca la Sardegna al terzo posto tra le regioni italiane, dopo Emilia-Romagna (32,2%) e Lazio (24,8%).
Un altro elemento rilevante è la piccola dimensione d’impresa. Con un valore medio di 7,5 addetti per unità locale, infatti, le imprese energivore sarde si collocano al penultimo posto in Italia, dopo la Sicilia (8,4) e prima della Calabria (4,9), e assai distanti da Valle d’Aosta (25,1), Friuli-Venezia Giulia (22,6) ed Emilia-Romagna (21,6). Questa ridotta dimensione di impresa espone ancora di più le imprese sarde al rischio di chiusura se le condizioni operative, a causa dell’aumento dei costi energetici, dovessero peggiorare o durare troppo a lungo.