I legami, quelli stretti, si possono creare dalla cooperazione di fervide immaginazioni, sospese in aria come un drone privo di comandi che individua, a sentimento, luoghi simbolici da immortalare senza indugi. Ripetute maratone, sovente notturne, di dialoghi confronti e studi approfonditi coronano il secondo step (2-10 novembre 2023) del Progetto Sardinia-Dakar, concepito da quattro menti eccelse tra cui il sapiente cementatore di concetti Manolo Cattari, psicologo dello sport e presidente del Progetto Albatross, il sodalizio che fa miracoli con l’acqua clorata in mezzo a gruppi affiatati di persone che manifestano la loro voglia di vivere lo sport, a modo loro, ma in piscina, circondati da una cappa di affetto e professionalità. Con lui, assettano le valige Loredana Barra (insegnante e responsabile dell’UISP Sassari), Giuseppe Salis (esperto in progettazione comunitaria) e il filmaker Mattia Uldanck, a
sua volta anche musicista, cantautore, poeta e scrittore. Tutti pronti a dare il proprio contributo per favorire le amicizie nel nome dell’educazione ai mari e agli oceani, approfondire ipotesi di galleggiamento nel senso metaforico più ampio, preservando la vita, educando allo sport come sbocco al benessere fisico, sociale, sostenibile e che spalanca le porte verso una concezione di libertà molto intimista ma scevra da facili egoismi e ripugnanti conflitti.
Il simbolo di questo intreccio culturale che si avvia verso una interconnessione più elaborata lo segnano due isole, l’Asinara (Porto Torres) nel Mediterraneo, Gorée (a 2 km. Da Dakar) sull’Atlantico. Espressioni geografiche forse distanti, con la prima alla ricerca di una connotazione ben definita, tramite natura, pace, solitudine, ed emancipazione dopo sopiti risvolti penitenziari. Mentre la seconda ha sempre scatenato gli appetiti delle potenze coloniali europee, avidissime quando c’è stato da depredare un territorio ricco di materie prime, poco riconoscenti nel momento in cui la popolazione africana ha tentato di riscattarsi senza mai liberarsi totalmente dal giogo che trova un inequivocabile riferimento alla tratta degli schiavi, germinata
proprio in quel fazzoletto di terra: da Gorée partivano le imbarcazioni cariche di uomini indifesi che col loro lavoro forzato avrebbero trasformato le sorti delle Americhe. Ora meta incessante di artisti, la municipalità dell’isoletta senegalese, patrimonio dell’Unesco si prepara ad accogliere la spedizione turritana, in attesa che poi la visita venga ricambiata nel nord Sardegna presumibilmente a marzo 2024. E a Gorée si vanno a trovare anche i bambini delle scuole dove continuerà l’elaborazione di nuove prassi per dare fisionomie ben più marcate all’ampissimo significato della parola libertà.
PROGRAMMA INTENSO MA NECESSARIO: I DIVERSI RUOLI DEI PROTAGONISTI
Per otto giorni i nostri protagonisti non staranno mai fermi, devono coltivare più contatti possibili per implementare uno schema articolato, condiviso con il contributo della Fondazione di Sardegna e dell’Aquatic Freedom. Significativa anche la tappa al Lago Retba (o Lago Rosa) dove nei paraggi sorge un’altra scuola importante nell’affinare il gemel
laggio con i bimbi sardi frequentanti le due classi di seconda elementare del Villaggio Satellite Bellieni (Istituto comprensivo n. 2 don Antonio Sanna di Porto Torres). Le due realtà si interfacceranno regolarmente attraverso lo scambio di giochi identitari, esperienze di vita e la cultura del mare.
A Dakar ha sede la Fondazione Internazionale Olympafrica che promuove lo sviluppo sociale dei giovani attraverso lo sport. Cattari & C. carpiranno ai responsabili il succo delle loro attività peculiari che comprendono la costruzione di centri sportivi ed educativi in Africa, la creazione di programmi sportivi,
l’assegnazione di borse di studio e il finanziamento di microprogetti gestiti dalle comunità locali.
Non mancheranno altri incontri istituzionali con alcune ONG e la Federazione senegalese nuoto con i cui dirigenti si approfondiranno, fra gli altri, i temi legati al dramma degli annegamenti.
Come sempre riflessivo e attento nello scegliere le parole giuste per esprimere i suoi concetti, Manolo Cattari ritorna sul legame tra Asinara e Gorée: “Le due isole hanno smesso il ruolo di privatrici della libertà, trovando però grosse difficoltà nel trovare una nuova identità, e trovo molto significativa l’attuale dimensione dell’isola africana divenuta la patria degli artisti”. Poi si sofferma sulle sue mansioni durante la trasferta: “Coordinerò tutte le attività. In particolare implementeremo il ponte tra Sardegna e Senegal per dare gambe al prosieguo del progetto. Sarò inoltre in prima linea sia nelle scuole proponendo i giochi inclusivi e cooperativi e infine curerò la parte “acqua” del progetto.
Interviene poi Loredana Barra: “Tra gli incarichi che ho all’interno dell’UISP vi è quello di responsabile nazionale delle politiche educative e per l’inclusione. Da anni mi occupo con la mia associazione di alcuni progetti di cooperazione internazionale, cercando di diffondere il modello metodologico dello sportpertutti, ossia una proposta sportiva diversa che sia centrata sulla persona e non sulla performance, sulla prestazione personale e non sul record assoluto. Anche in Senegal parlerò di sport come strumento di inclusione e come mezzo per abbattere barriere sociali culturali economiche e di abilità. Uno sport che è un diritto di tutti e non un privilegio di pochi”.
Con telecamera e macchina fotografica, Mattia Uldanck non si perderà una virgola del programma elaborato anticipatamente: “In Senegal mi occuperò di documentare attraverso foto, video e parole tutto quello che succederà. Sono un comunicatore e un creativo, di mestiere e di vocazione, perciò spero di riuscire a raccontare nei pochi giorni a disposizione la profondità di una terra lontana, di saper leggere oltre le righe con sensibilità e rispetto, di dare valore e riconoscimento al lavoro di educativa che faranno i miei colleghi e di accompagnare con noi chi ci guarderà da casa.
Il mio scopo, mentre sarò in Africa, sarà creare contenuti capaci di avere un impatto, emotivo, umano, narrativo. Questo viaggio per me è un’occasione, il mio sogno è restituirgli il rispetto che meritano le opportunità, attraverso la mia visione creativa e le mie competenze. Spero di riuscirci”.
Anche Giuseppe Salis avrà da rimboccarsi le maniche: “In Senegal avrò prevalentemente due mansioni. La prima sarà quella di dare continuità progettuale al progetto in essere, aiutando il team a costruirne altri condivisi tra Sardegna (e non solo) e Senegal. Partendo dallo sport come strumento impareggiabile di educazione e inclusione, siamo convinti di poter trovare le modalità per agganciarlo ad altri aspetti dello sviluppo locale. E questo porta alla seconda mansione: realizzerò dei laboratori con le scuole secondarie in cui faremo delle discussioni condivise con gli studenti su migrazioni e restanza. Mi occupo delle stesse tematiche in Sardegna, nel Sud Italia e più in generale in Europa, dove i territori rurali vengono sempre più spesso abbandonati creando deserti demografici. A maggior ragione queste tematiche vanno affrontate in Africa, seguendo il filo conduttore del fatto che chi va via indebolisce la propria comunità, senza avere alcuna certezza di migliorare la propria vita. Allora restare può diventare una chance per molti, che però si devono fare delle domande tipo: come restare? Per fare cosa? Cosa potrei fare per avere una dignitosa per me e per le persone della mia comunità? Questi dibattiti verranno sviluppati nell’ottica di avviare successivi progetti di potenziamento dei giovani in Senegal, orientati all’imprenditorialità e alla resilienza”.