Trent’anni fa Il racconto del Vajont era la voce e il corpo di Marco Paolini. La sera di lunedì 9 ottobre 2023, nel 60esimo anniversario della tragedia del Vajont che costò la vita a 2000 persone, diventerà VajontS 23, azione corale di teatro civile messa in scena in contemporanea in 130 teatri dall’Alto Adige alla Sicilia e anche all’estero.
Grandi attori e allievi delle scuole di teatro, teatri stabili e compagnie di teatro di ricerca, musicisti e danzatori, maestranze, personale e spettatori arruolati come lettori si riuniranno nei posti più diversi, dallo Strehler di Milano ai piccoli teatri di provincia, a scuole, chiese, centri civici, biblioteche, piazze di quartiere, dighe e centri parrocchiali. Ciascuno realizzerà un proprio allestimento di VajontS 23 a partire dalle peculiarità del suo territorio. E poi, tutti si fermeranno alle 22.39, l’ora in cui la montagna franò nella diga.
Il progetto sarà messo in scena anche al Teatro Parodi di Porto Torres (via Matteotti) lunedì 9 ottobre alle 21:00 (ad ingresso gratuito) con lo spettacolo “Vajonts 23” della compagnia La botte e il cilindro e La camera chiara. In scena ci saranno 10 lettrici e lettori, ai quali si unirà un sand artist che dal vivo seguirà la lettura con la produzione di immagini di sabbia inerenti il racconto. Regia: Stefano Chessa / In scena attori professionisti e allievi di un laboratorio teatrale: Elga Mangone, Elena Fratus, Consuelo Pittalis, Emenuala Pala, Sara Pusceddu, Margherita Lavosi, Giovanni Caravello, Salvatore Faedda, Giuseppe Cinquerrui, Stefano Chessa. Sand Artist: Vito Furio. La regia è curata da Stefano Chessa. Allestimento tecnico di Max Tanda.
La storia del Vajont riscritta, 25 anni dopo il racconto televisivo, da Marco Paolini con la collaborazione di Marco Martinelli, drammaturgo e regista del Teatro delle Albe, non è più solo un racconto di memoria e di denuncia sociale, ma diventa una sveglia. La narrazione di quel che è accaduto si moltiplica in un coro di tanti racconti per richiamare l’attenzione su quel che potrebbe accadere. “Quella del Vajont – spiega Paolini – è la storia di un avvenimento che inizia lentamente e poi accelera. Inesorabile. Si sono ignorati i segni e, quando si è presa coscienza, era troppo tardi. In tempo di crisi climatica, non si possono ripetere le inerzie, non possiamo permetterci di calcolare il rischio con l’ipotesi meno pericolosa tra tante. Tra le tante scartate perché inconcepibili, non perché impossibili”. La rete di Vajonts 23 nasce da un’idea di Marco Paolini per Fabbrica del Mondo ed è realizzata da Jolefilm con la collaborazione di Fondazione Vajont.
“Con La botte e il cilindro e La camera chiara – dice Stefano Chessa – abbiamo pensato di aderire al progetto scegliendo il Teatro Parodi di Porto Torres non a caso. Anche Porto Torres, infatti, è stato un luogo dove la natura è stata “ingegnerizzata” e modificata per realizzare un’impresa industriale. Io mi definisco un figlio della “zona industriale”, mio padre ci ha lavorato per anni e poi un tumore ai polmoni lo ha travolto a 74 anni. Sento e sentiamo un forte legame con la tragedia del Vajont. Anche qui il miracolo industriale ha plasmato la nostra comunità e il bilancio tra quanto preso e quanto dato dalle nostre terre ci vede ancora debitori e il conto, se non lo paghi subito come successo nella valle del Piave, piano piano comunque arriva”.