Villaputzu. «Antonio Lara. Il più grande maestro di launeddas del XX secolo?» Si intitola così la nuova pubblicazione con cui Iscandula, l’associazione culturale fondata e diretta da Dante Olianas, aggiunge un ulteriore, prezioso tassello al suo ultratrentennale lavoro di documentazione sullo strumento simbolo della musica della Sardegna. L’opera si basa su preziosi scritti, documenti visivi e sonori nati dal fortunato incontro tra Antonio Lara (Villaputzu, 1886-1979) e Andreas Fridolin Weis Bentzon, l’antropologo danese (scomparso nel 1971, appena trentacinquenne) che tra la fine degli anni Cinquanta e metà dei Sessanta viaggiò a più riprese nell’Isola per studiare sul campo, dal Sarrabus all’Oristanese, i maestri e i costruttori delle launeddas.
Il risultato di quell’incontro è ora raccolto nel volume bilingue (italiano e inglese) pubblicato da Iscandula, che contiene la scheda biografica di Antonio Lara redatta da Bentzon, le sue fotografie in bianco e nero che ritraggono il suonatore in diversi contesti familiari e professionali e, raccolte in un cd allegato al libro, novanta registrazioni sonore inedite, realizzate da Bentzon tra il 1958-1965; altro materiale finora inedito dello studioso danese, che ci permette di capire quanto accurato fosse il suo modo di fare ricerca già da quando era appena ventiduenne, sono le copie anastatiche delle schede che accompagnano ogni brano registrato con i commenti tecnici sull’esecuzione e sulla disponibilità del suonatore a “donare” il suo repertorio.
Molto importante la sezione fotografica dedicata agli strumenti, tutti realizzati da Lara, che fanno parte della collezione privata di Bentzon donata a Iscandula intorno al 2010: tra questi figurano anche i sei “tumbus” che il costruttore e suonatore di Villaputzu realizzò per gli esperimenti del grande jazzista americano Rahsaan Roland Kirk, che negli anni ‘60 abitava a Copenaghen ed era amico di Bentzon.
I contributi degli studiosi Alberto Bevilacqua, Eva Garau, Antonio Lai, Pitano Perra aiutano il lettore a comprendere meglio il valore delle testimonianze raccolte nel volume e l’importanza del maestro Antonio Lara nel panorama delle launeddas nel ventesimo secolo.
Questo studio mette in evidenza ancora una volta l’importanza cruciale del lavoro di Bentzon per la rinascita e per la salvaguardia delle launeddas. Senza il suo intervento, oggi molto probabilmente le launeddas sarebbero ridotte ad oggetto museale o a mero strumento folcloristico.
Determinante per la realizzazione dell’opera curata da Dante Olianas il supporto delle istituzioni danesi che hanno contribuito alla conservazione in condizioni ottimali dei reperti e della documentazione di inestimabile valore riguardanti le launeddas e la cultura sarda, rendendone possibile l’accesso e la divulgazione: senza il lavoro e la collaborazione del Museo Nazionale di Danimarca, della Biblioteca Reale Danese e degli Archivi Danesi del Folclore, l’elaborazione di questo studio non sarebbe stata possibile.
«Antonio Lara. Il più grande maestro di launeddas del XX secolo?» verrà presentato a Villaputzu, sabato sera (12 agosto) alle 20.00 nella Torre di Porto Corallo nell’ambito del n. 16° Festival Delle launeddas nel corso di una serata (con ingresso gratuito) introdotta e coordinata da Dante Olianas; dopo i saluti di Sandro Porcu, Sindaco di Villaputzu sono previsti gli interventi degli autori che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera – Eva Garau, Antonio Lai, Pitano Perra, Tore Trebini e Fabio Usala. I suonatori di launeddas dell’Associazione “Sonus Insulae Sardinia” di Villaputzu che eseguiranno brani del repertorio di Lara alle launeddas. La serata – presentata con il contributo del Ministero della Cultura, della Fondazione di Sardegna e della Regione Autonoma della Sardegna.
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Andreas Fridolin Weis Bentzon (1936-1971) nasce a Copenaghen da una famiglia di compositori e giuristi di lunga tradizione. A sedici anni è già musicista professionista nella jazz band del fratello Adrian. Alla stessa età, nel 1952, gira la Sardegna da solo, a piedi. Ha pochi soldi, si nutre di pane e pomodori e dorme in campagna o vicino ai cimiteri. Per sopravvivere lavora come garzone nel mitico Circo Zanfretta. Rimane affascinato dallo stile di vita dei sardi e dalla loro musica e, rientrato a casa, dirà alla famiglia: “I have found the subject for my life” (“Ho trovato il tema della mia vita”). Si iscrive in antropologia e nell’inverno del 1957, a cavallo di una moto Nimbus con side-car, attraversa l’Europa per intraprendere una lunga spedizione di ricerca in Sardegna. Raccoglie una quantità immensa di registrazioni, filmati e attrezzi etnografici. Nel 1959, nel Museo Nazionale di Danimarca organizza un’esposizione dedicata alla vita e alla cultura sarda. Nel 1969, la sua tesi di dottorato diventerà l’opera più importante e tutt’ora insuperata sulle launeddas. Scompare il 20 dicembre 1971, a soli trentacinque anni, una delle più fulgide figure della cultura sarda.