di Pier Luigi Rubattu
Sono uno dei 420 sassaresi che dal 2018 a oggi si sono presentati in Comune e hanno consegnato le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento), note anche come “testamento biologico”. Il lettore sa già che a questo punto può cliccare altrove, se l’argomento lo disturba. A me invece sembra che la legge offra uno strumento di grande civiltà e di estremo rispetto per sé stessi e per gli affetti più cari, e mi ha sempre stupito – parlandone con tante persone che so per certo essere ben informate sulle cose del mondo – che se ne sappia poco.
Quindi – se interessa – ecco qualche informazione molto pratica sullo scopo delle Dat e su come depositarle in Comune. Ne ho parlato con il personale dell’ufficio Stato civile a Corte Santa Maria (tre addetti che si occupano di matrimoni, separazioni, divorzi, unioni civili e appunto delle Dat) e con il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Sassari, Salvatore Lorenzoni.
Il contesto: la legge 22 dicembre 2017 n. 219 stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Ma che cosa succede se per cause di forza maggiore (incidente o malattia) la persona non può esprimersi con i familiari e con i medici e dire la sua in merito a un eventuale accanimento terapeutico?
Da questo interrogativo, dalla forza mediatica di casi di agonia infinita come quella di Eluana Englaro, dall’impegno di associazioni e forze politiche è nata la norma sulle Dat. Con le quali si può avvertire per iscritto un familiare o una persona di fiducia (il “fiduciario”, appunto) delle proprie volontà rispetto a situazioni malaugurate.
Le questioni mediche, scientifiche, legali, etiche, filosofiche, religiose legate a questo tema sono talmente complesse che è meglio lasciar parlare la legge 219 all’articolo 4: “Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le Dat, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”.
Il modo più pratico di esprimere le Dat (gli altri sono un “atto pubblico” o una “scrittura privata autenticata”) è la “scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza”. Ufficio che a Sassari nei primi due anni – 2018 e 2019 – ha visto una buona affluenza di cittadini con le loro Dat. Poi si è assestato su numeri bassi, anche se negli ultimi tempi sembra esserci stata una ripresa, con 15 dichiarazioni depositate nel 2025 (dato del 26 marzo).
Le modalità sono semplici e si possono trovare a questo link: https://www.comune.sassari.it/it/servizi/servizio/Disposizioni-Anticipate-di-Trattamento-D.A.T./
Una volta preso contatto con l’ufficio, viene fissato un appuntamento. Attenzione: per legge il Comune fa soltanto da intermediario. Riceve le Dat, le carica nel protocollo, le scansiona, le inserisce nella banca dati ministeriale, custodisce il documento cartaceo. Spiegano all’ufficio Stato civile: “Non forniamo alcuna consulenza e non possiamo entrare nel merito di quanto viene scritto. Il cittadino deve compilare la Dat su un modulo prestampato o in carta libera e presentarsi in Comune insieme al fiduciario con le disposizioni già compilate. Dopo che le Dat vengono registrate, il disponente e il fiduciario ricevono una notifica. Nel caso la persona non possa spostarsi, si accetta una videoregistrazione”.
Non esiste una modulistica ufficiale, ma soltanto quella fornita dalle varie associazioni che si occupano di questi temi. Io ho usato lo schema suggerito dalla “Luca Coscioni”:
1) l’elenco dei familiari che devono essere informati dai medici;
2) le disposizioni generali in caso di “malattia giudicata irreversibile associata a grave disturbo cognitivo tale da compromettere le mie capacità di coscienza o di giudizio o di comprensibile espressione” (nello specifico: sì o no a rianimazione cardiopolmonare, respirazione meccanica, idratazione o nutrizione artificiali, sedazione profonda eccetera);
3) disposizioni particolari (nel mio caso una serie di raccomandazioni, non so quanto valide, qualora compaiano segni inequivocabili di demenza);
4) la nomina del fiduciario;
5) le scelte su assistenza religiosa, cremazione, donazione del corpo alla scienza.
“I presupposti della Dat – spiega Salvatore Lorenzoni, presidente dell’Ordine dei medici di Sassari – sono l’informazione e la proporzionalità della scelta rispetto alla situazione. Non è facile indicare le proprie volontà con troppo anticipo. Risulta molto più semplice per chi ha un problema concreto. Per esempio: Sla. Il paziente, reso ben edotto della possibile evoluzione della malattia, può dire: signori cari, quando è il momento di dovermi tracheostomizzare o alimentarmi con la Peg non se ne parla nemmeno, non voglio, lì vi dovete fermare. Siamo di fronte a prospettive ben chiare. Altrimenti il rischio è di cadere nel generico. Chiunque di noi, da perfettamente sano, dovrebbe dire delle cose del tipo: se ho l’incidente con il trauma cranico irreversibile, se ho l’ictus, se ho la demenza…”.
Al riguardo il presidente dei medici sassaresi fa un esempio molto chiaro: “A un incontro con la professoressa Frati della Sapienza si parlava proprio di Dat e lei raccontava che nell’esperienza romana la stragrande maggioranza delle dichiarazioni sono fatte da Testimoni di Geova. Perché? Perché rappresentano una delle poche categorie che hanno un concreto interesse a definire situazioni particolari: hanno la preoccupazione delle trasfusioni di sangue e la mettono nelle Dat”.
Si scrive il testamento biologico per non lasciare nel dubbio i propri cari, ma la persona interessata deve prima risolvere i suoi, di dubbi. A chi rivolgersi per essere informati in modo appropriato? Sicuramente al medico di base, una delle due persone, insieme al fiduciario, che avranno accesso al testamento biologico inserito nella banca dati. In Comune ribadiscono: “L’ufficiale di stato civile non può dare queste spiegazioni, non è il suo compito, non legge neanche ciò che è stato scritto”.
È realistico che sui medici di base pesino anche queste incombenze? “Si parla di Dat soprattutto in determinate situazioni – osserva il dottor Lorenzoni -: cure palliative, pazienti oncologici, pazienti con Sla… Altrimenti posso immaginare che difficilmente il medico di famiglia o il medico curante trattino questo argomento”. Ma il medico di base viene informato – se non lo fa direttamente il paziente – che le Dat sono state depositate? “Direi di no. Ripeto, il problema grosso che ruota intorno al consenso e alle disposizioni anticipate è l’informazione adeguata, che per legge dovrebbe costituire ‘tempo di cura’. Ma la realtà quotidiana, di fatto, tempo non te ne dà. Nei giorni scorsi ero a un convegno sulla comunicazione della diagnosi di neoplasia, un argomento non da poco, ed è emerso che sì, devi informare con calma, devi dare assistenza psicologica, devi devi devi, ma poi sei tu da solo, con le carenze di personale e di strutture, in situazioni al limite della gestibilità”.
Facciamo il caso di un grave incidente lontano da casa. Il fiduciario non lo viene a sapere subito. I medici che intervengono sul momento come possono sapere delle Dat? “Esiste una banca dati nazionale – risponde il presidente dell’Ordine dei medici – e c’è la possibilità di consultazione, ma non so quanto sia effettivamente operativa”.
Le Dat depositate allo Stato civile hanno una valenza diversa rispetto alle dichiarazioni espresse con altre modalità previste dalla legge? “No – spiegano in Comune -. Il vantaggio è la forma, che è sicuramente la più semplice. Ma nel caso si scopra l’esistenza di altre disposizioni scritte in seguito, vale la data”.
Si spera ovviamente che il caso pratico non si presenti mai, però viene da chiedersi: davvero fiduciario e medici sarebbero obbligati a rispettare le prescrizioni della Dat? “Dev’essere tutto commisurato – risponde Salvatore Lorenzoni -. La legge 219 parla chiaro: la disponibilità è rispetto a situazioni che comportano l’accanimento terapeutico. Diversamente, se è in atto una cura che funziona, non puoi chiedere quello che vuoi”.