Giada Bonu Rosenkranz

Non sono tempi facili per le donne e per le persone LGBTQIA+. Solo qualche settimana fa, il neo eletto presidente degli Stati Uniti ribadiva che ci sono solo due sessi, maschile e femminile. Nel frattempo in Italia viene proposta una legge volta a controllare i contenuti delle forme di educazione affettive e sessuale nelle scuole (considerata veicolo di propaganda della cosiddetta “ideologia gender”) ma anche i curriculum di coloro che la svolgono.

Questi sono solo alcuni elementi dello scenario contemporaneo, che affondano le radici lontano. Da oltre 15 anni infatti è in corso una mobilitazione, sempre più organizzata e diffusa, che individua “il gender” – ovvero qualsiasi avanzamento progressista in campo di politiche di genere e sessualità – come un nemico da cancellare, mobilitazioni ormai legate a doppio filo ai governi populisti e di estrema destra che imperversano a livello globale.

A questa nuova fase reazionaria ha risposto un movimento di segno opposto e contrario, quello femminista. Un movimento dai contorni globali, che ha acceso le sue prime scintille in Argentina, per poi prendere piede negli Stati Uniti, in Europa, in Iran, in Turchia, in Palestina, e oltre ancora.

La nuova ondata femminista è al centro del libro “Feminist movements in time and space. A European Perspective” (Palgrave Macmillan, 2025), curato dalla sassarese Giada Bonu Rosenkranz, ricercatrice nella facoltà di Scienze politiche e sociali della Scuola Normale Superiore di Pisa, e da Donatella Della Porta.

Di rado infatti negli ultimi anni la letteratura scientifica ha rivolto la sua attenzione a questi movimenti, eppure è proprio andando a guardare alle loro rivendicazioni, alle forme di protesta, alle alleanze, alle campagne, che è possibile individuare la tensione verso nuove forme di democrazia e partecipazione, sempre più cruciali nello scenario contemporaneo.

Per farlo, il volume offre un’analisi sistematica e comparativa dei movimenti femministi in diversi paesi europei (Danimarca, Francia, Grecia, Italia, Polonia, Slovenia, Spagna, Turchia), esaminando come questi si relazionino con le opportunità politiche nazionali, le reti di alleanze e le opposizioni. Il volume approfondisce la nuova prospettiva intersezionale dei movimenti femministi, ovvero la capacità di leggere l’intreccio di varie forme di oppressione, tra cui il genere, l’etnia, la classe; la prospettiva anticapitalista sempre più prevalente; le diverse forme di organizzazione, tra processi di professionalizzazione e ingresso nelle istituzioni e la scelta di forme più autonome e radicali di impegno politico.

La tesi di fondo del volume è che, pur nelle loro differenze, questi movimenti siano riusciti in un triplice obiettivo. Da un lato, nel fronteggiare l’ondata dei movimenti anti-gender e delle estreme destre, preservando i diritti esistenti e combattendo per crescenti forme di tutela e avanzamento. Dall’altro che pur nelle differenze di contesto, tali movimenti presentino notevoli somiglianze, indice dei processi di diffusione e alleanza transnazionale.

Infine, e soprattutto, che i movimenti femministi contemporanei siano cruciali non solo nel reggere all’urto dell’onda conservatrice, ma anche di innovare profondamente la democrazia.