Sardegna. L’alimentare e le bevande sarde piacciono sempre più ai consumatori stranieri. E i dati export tra agosto 2023 e lo stesso periodo del 2024, di pasta, pane, dolci, formaggi, carne, frutta, pesce e bevande, freschi o conservati, lo confermano facendo segnare un +10,3% di vendite per un valore complessivo di 258milioni di euro. Solo nel 2016 le esportazioni di questo settore ammontavano a 191 milioni di euro.

Tutto ciò viene rilevato dal rapporto dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat 2023-2024 secondo il quale tra i nostri migliori clienti vi sono la Germania, gli Stati Uniti, la Francia, la Spagna e i Paesi Bassi.

L’analisi dice che 230milioni di euro di export sono generati dall’alimentare e quasi 28 dalle bevande. Ancora basso, però, è il peso delle esportazioni sarde di alimentari e bevande sul valore aggiunto che è solo dello 0,8%, contro il 3,4% nazionale.

A livello territoriale quasi 24 milioni di euro di export sono generati da Cagliari, con 22 milioni di alimentare e quasi 2 di bevande con un +60,9% di vendite tra agosto 2023 e agosto 2024; Nuoro
contribuisce con 51 milioni, di cui 49 alimentare e 1,5 di bevande con un incremento di +7%; Oristano ha 39 milioni di esportazioni, composte da 37 ai alimentare e 1,5 di bevande per un calo del -18,2%;
Sassari ha 124milioni di euro di export di cui 113 alimentari e quasi 12 di bevande per una crescita del +22,3%; il Sud Sardegna ha 19,5 milioni di export, di cui 8,5 di alimentare e 11 di bevande per una contrazione del -12,4%.

“Quello che proviene dall’agroalimentare è un segnale molto positivo e ci dice come il settore abbia ampi margini di crescita – sottolinea Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna –
soprattutto se teniamo in considerazione come i prodotti sardi siano sempre più apprezzati e ricercati soprattutto nei Paesi che hanno importanti capacità economiche come quelli del Nord America, dell’Europa settentrionale, dei Paesi Arabi e dell’Oriente”. “Il comparto dimostra ancora una volta di essere solido – continua Meloni – e di essere stato in grado non solo di resistere alla crisi economica, ma anche di registrare un incremento nei numeri. Anche l’export premia la nostra tradizione e il saper fare delle imprese. Si tratta di un vero e proprio tesoro che, come Confartigianato, siamo impegnati a difendere da contraffazioni, frodi e violazioni di legge: pericoli che crescono esponenzialmente”.

“Nonostante i numeri, però, – afferma Daniele Serra, Segretario Regionale di Confartigianato Sardegna – le aziende del settore sono ancora lontane dall’esprimere tutto il proprio potenziale. In un momento storico in cui è sempre maggiore l’attenzione alla genuinità e artigianalità degli alimenti, una regione come la nostra deve continuare a investire al fine di conservare e migliorare il suo primato di qualità”.

“Il canale dell’export, la penetrazione dei mercati stranieri da parte anche di piccole e piccolissime imprese del territorio – sottolinea Serra – rappresentano una opportunità molto importante ed è
indispensabile che si continui con la politica dell’internazionalizzazione delle imprese”. “Inoltre – conclude il Segretario – è indispensabile la tutela della qualità e quindi della riconoscibilità del made in Sardegna in campo alimentare che costituisce una voce importante delle nostre esportazioni manifatturiere. In ogni caso, la nostra regione può anzi deve, diventare un “laboratorio” di nuove piccole imprese che in rete tra loro possano sfruttare i settori trainanti per una vera crescita economica regionale”.

L’analisi nazionale.

Il made in Italy di alimentare e bevande

Nel 2024, ultimi dodici mesi ad agosto, il made in Italy di alimentare e bevande sale a 56,5 miliardi di euro, pari al 9,5% delle esportazioni manifatturiere italiane, toccando il massimo storico di 2,6% sul PIL, risultando superiore al 2,1% della Francia e al 2,0% della Germania. Nel dettaglio il 78,7% delle vendite all’estero del nostro Paese, pari a 44,5 miliardi di euro, sono di prodotti alimentari ed il restante 21,3% corrispondono a 12,3 miliardi di bevande.

Nei primi otto mesi del 2024 la crescita delle esportazioni del comparto è pari all’8,7%, trainata dal +9,8% dell’alimentare mentre le bevande si fermano a +4,7%, ed è in controtendenza rispetto al calo
dello 0,7% del made in Italy. Le più recenti evidenze disponibili per i primi nove mesi del 2024 e sull’aggregato alimentare, bevande (con il tabacco, voce residuale) confermano la miglior performance del comparto che rallenta leggermente segnando un +8,0%, trainato dalla maggiore crescita delle esportazioni sui mercati extra UE (+13,2%) rispetto a quelli UE (+3,9%), e sempre in controtendenza rispetto al -0,8% del made in Italy.

Le ottime performance dell’alimentare e bevande sono supportate dalla diffusa presenza di micro e piccole imprese che in questo settore sono 52mila e danno lavoro a 265mila addetti, con un peso del 57,8% sul totale degli addetti del settore che supera di 7,4 punti percentuali la quota del 50,4% registrata nel manifatturiero. Spiccata la vocazione artigiana del settore di alimentare e bevande, che conta
32mila imprese artigiane attive, pari al 61,0% delle imprese del settore, e 142mila addetti, il 31,0% dell’occupazione del comparto.

A livello regionale, si osserva una incidenza delle esportazioni di alimentare e bevande sul valore aggiunto superiore alla media del 3,4% per Piemonte con il 6,8%, Emilia-Romagna con il 5,8%, Veneto con il 5,7%, Campania e Trentino-Alto Adige, entrambe con il 4,9%, Molise con il 4,3%, Umbria con il 4,0% e Friuli-Venezia Giulia con il 3,7%.

Nel dettaglio settoriale, per quanto riguarda l’alimentare una incidenza delle esportazioni sul valore aggiunto superiore alla media del 2,7% sono quelle di Emilia-Romagna con il 5,4%, Campania con il
4,8%, Piemonte con il 4,7%, Molise con il 4,2%, Umbria con il 3,8%, Veneto con il 3,5%, Trentino- Alto Adige con il 3,3% e Friuli-Venezia Giulia con il 3,0%. Nel caso delle bevande una incidenza delle
esportazioni sul valore aggiunto superiore alla media dello 0,7% si osserva per Veneto con il 2,2%, Piemonte con il 2,1%, Trentino-Alto Adige con il 1,6%, Valle d’Aosta con il 1,3%, Toscana con il 1,2% e
Abruzzo con il 0,9%.

A livello provinciale in trentaquattro casi il peso delle esportazioni di alimentare e bevande sul valore aggiunto è superiore alla media del 3,4% ed in particolare è più che doppia in quattordici territori:
Cuneo (21,9%), Parma (16,4%), Verona (12,8%), Asti (12,2%), Salerno (11,8%), Lodi (10,4%), Siena (9,7%), Vercelli (8,7%), Mantova (8,0%), Ravenna (7,9%), Cremona (7,8%), Novara (7,6%), Modena (7,5%) e Piacenza (7,1%).

In trentasei casi il peso delle esportazioni dell’alimentare sul valore aggiunto è superiore alla media del 2,7% ed in particolare è più che doppia in quattordici territori: Parma (16,3%), Cuneo (15,5%), Salerno (11,7%), Lodi (10,4%), Verona (8,6%), Vercelli (8,3%), Mantova, Cremona e Novara (tutte con il 7,5%), Modena (7,2%), Piacenza (6,9%), Ravenna (6,5%), Avellino (6,4%) e Trieste (5,7%). In venticinque casi il peso delle esportazioni delle bevande sul valore aggiunto è superiore alla media dello 0,7% ed in particolare è più che doppia in tredici territori: Asti (10,1%), Cuneo (6,4%), Siena (6,0%), Verona (4,2%), Treviso (4,0%), Alessandria (2,8%), Trento (2,2%), Venezia e Bergamo (entrambe con il 2,1%), Chieti (2,0%), Livorno (1,8%) e Ravenna e Pordenone (entrambe a 1,5%). L’analisi sulla dinamica nel primo semestre del 2024 delle esportazioni di alimentare e bevande, focalizzata sulle sette maggiori regioni (oltre 2 miliardi di export nei 12 mesi terminanti a giugno 2024), evidenzia un aumento sostenuto per la Toscana con il +23,8%, seguita da Lombardia ed Emilia-Romagna, entrambe con il +5,3%, Veneto con il +4,5%, Piemonte con il +4,0%, Campania con il +2,7% e Trentino-Alto Adige con il +1,2%. Si segnalano tra le restanti regioni, gli aumenti più che doppi rispetto alla media (+7,9%) di Basilicata (+26,7%), Umbria (+24,1%), Calabria (+24,0%) e Puglia (+22,2%).