Capo Caccia e Punta Giglio, i promontori che delimitano il golfo di Porto Conte, hanno da sempre costituito per la comunità di Alghero un valore identitario ineludibile, se non addirittura esistenziale. Per questo, quando nel 2018 il demanio statale ha concesso a una cooperativa, praticamente per 18 anni, la gestione con finalità commerciali (bar, ristorante e attività ricettiva con 20 posti letto) della parte più preziosa del promontorio di Punta Giglio, ovvero l’area di 8 ettari che si affaccia sulla falesia del capo, unitamente all’ex casermetta e ai beni militari facenti parte della batteria costiera realizzata poco prima della Seconda guerra mondiale, la comunità locale si è divisa sul tema anche aspramente.
Da un lato, una parte dell’opinione pubblica, sensibilizzata dal Comitato per Punta Giglio, ora APS Punta Giglio Libera – Ridiamo vita al Parco, schierata in difesa dei valori identitari, paesaggistici, naturalistici, ambientali e storici del sito, per la quale si sarebbe dovuta preservare l’integrale naturalità del luogo, evitandone l’antropizzazione generata dall’avvio dell’attività commerciale. Dall’altra, coloro che ritenevano prevalente lo sviluppo turistico sui valori predetti, ancorché difesi e tutelati da rilevanti norme sui beni culturali, urbanistiche, paesaggistiche e ambientali, queste ultime di rango europeo, dato che l’area concessa ai privati era stata classificata come Sic (Sito di interesse Comunitario), Zps (Zona di protezione speciale per l’avifauna) e, ora, Zona Speciale di Conservazione (ZSC).
Di tale vicenda e dei risvolti politici e amministrativi che l’hanno connotata, con riflessi giudiziari sia amministrativi che penali, si occupa il libro di Carlo Mannoni, “Punta Giglio. Storia di una tutela mancata”, recentemente pubblicato in autoproduzione. Nel raccontare la vicenda, sviluppatasi dal 2017 al 2022, l’autore svolge un’analisi critica e severa sui comportamenti di chi ha rappresentato ai vari livelli istituzionali gli enti che hanno dato il loro via libera all’intrapresa privata sulla falesia, in primis il Demanio dello Stato, il Comune di Alghero, il Parco di Porto Conte e la Soprintendenza archeologica, paesaggio e belle arti di Sassari.
Il libro è anche la rappresentazione concreta delle modalità del formarsi della volontà degli enti pubblici nonché dell’insensibilità del potere istituzionale, manifestatasi nel caso, ai temi del confronto con la comunità schierata in difesa dei beni naturali e di quelli comuni e identitari, tra i quali il promontorio di Punta Giglio. Il libro (367 pagine) contiene un’appendice con contributi sul promontorio di Maria Antonietta Alivesi (botanica), Giovanni Tilocca (geologia), Antonio Torre (fauna vertebrata terrestre) e Mauro Almaviva e Roberto Galligani (storia beni militari).
Carlo Mannoni, classe 1946, si è laureato in giurisprudenza nel giugno del 1969. È entrato nel 1972 nell’amministrazione regionale sarda nella quale ha ricoperto importanti incarichi dirigenziali e di cui è stato anche amministratore. Ha pubblicato “Il verso del gabbiano. L’ultima giornata del sindaco” (Lupi Editore), “Come le foglie d’autunno. Dieci racconti+1” (Sensoinverso Edizioni), “L’infinita contesa. La tormentata storia della tutela del colle di Tuvixeddu” (Alfa Editrice), “Il fantasma degli uffici” (Sensoinverso Edizioni) e, in self publishing, “Diario di bordo. Scritti algheresi” e “Punta Giglio. Storia di una tutela mancata”.
Carlo Mannoni presenterà il libro a Sassari, Biblioteca comunale, il prossimo 10 dicembre alle 17.30, accompagnato da Costantino Cossu ed Elias Vacca.