Marco Ticca, presidente della Torres Tennis

di Pier Luigi Rubattu

Sassari. Dal presidentissimo al presidente, da un cagliaritano a un sassarese, da tennista e tennista. Il messaggio inviato da Angelo Binaghi – capo della Federazione che ha stravinto la Coppa Davis e la Billie Jean King Cup – arriva a Marco Ticca, neo presidente della Torres Tennis, mentre stiamo cominciando a conversare sul futuro del circolo più antico della Sardegna.

Ticca non entra nei dettagli, ma da piccolo ha giocato a basket e sa riconoscere un assist. Presto incontrerà Binaghi e ci sarà la possibilità di parlare di uno dei grandi obiettivi della Torres Tennis per il nuovo quadriennio olimpico: l’organizzazione a Sassari di un torneo internazionale.

Idea collegata a un altro degli impegni che il presidente vuole a tutti i costi mantenere: la ristrutturazione e omologazione del campo coperto ora inagibile. I soldi dovrebbero esserci. Con tutti e sei i campi disponibili, la Torres Tennis sarebbe una naturale candidata a organizzare un torneo di buon livello. Contando anche sul “bellissimo rapporto che abbiamo con il presidente Binaghi”.

Marco Ticca, 61 anni, direttore tecnico di un’impresa di segnaletica stradale, ha una lunga carriera di dirigente sportivo, a partire dall’organizzazione del match di Coppa Davis a Sassari nel 1999 contro la Finlandia (“Insieme a Piero Cuccuru e Carlo Sciarra sotto l’occhio severo di Sergio Palmieri”, precisa).

Ticca è stato vicepresidente vicario del Coni provinciale; alla Torres Tennis era vicepresidente e direttore sportivo. Nelle ultime elezioni ha raccolto l’eredità di Gavino Caddia. Lo affiancano il vicepresidente Franco Cillara e i consiglieri Antonello Acca, Sergio Maccioccu, Davide Magnini, Alessandro Panu e Francesco Piras.

La Torres Tennis “Antonio Bozzo” sta per compiere 122 anni. Come conciliate la grande tradizione con le sfide del presente e del futuro?
“Siamo un circolo storico, abbiamo tanti soci anziani che continuano a frequentarlo e che sono la nostra memoria. Certo vedono un mondo che cambia: avevamo un taglio molto agonistico – scuola tennis, squadre risultati -, ma con il fiorire di tanti circoli a Sassari e nell’hinterland ci siamo resi conto che erano venute a mancare uno o due generazioni nella base dei soci. Ai maestri ho chiesto di impegnarsi anche al di fuori della scuola tennis e di tenere corsi per adulti. Oggi più di cento persone vengono a fare lezioni private”.

I vostri numeri?
“Abbiamo 215 soci che pagano le quote tutti i mesi, con una percentuale di donne in aumento, anche grazie alla palestra che abbiamo risistemato. A disposizione ci sono i campi di padel e squash, la possibilità per i soci di andare a correre allo stadio grazie agli ottimi rapporti con la Torres Calcio… Ai soci vanno aggiunti i 145 allievi della scuola e un’ottantina di persone che fanno i corsi per adulti. In più gravitano attorno al circolo tutti i genitori che accompagnano e vengono a prendere i figli e magari  si fermano al bar o al ristorante. Abbiamo allestito una saletta dove i ragazzi, finito l’allenamento, possono fermarsi a studiare o a guardare la televisione: questo aiuta i genitori a organizzarsi e a conciliare i propri impegni con quelli dei figli”.

Quanto incide la Sinner-mania sulla crescita?
“Tanto. Ma un altro grande effetto di Sinner e di tutti gli azzurri è che le persone, al di là del diritto e del rovescio, imparano a confrontarsi, perché il tennis ti dà un’educazione al rispetto addirittura maniacale. Per chi rompe le racchette da noi non c’è spazio. L’altra cosa bella è che i nostri ragazzi, anche e soprattutto quelli che sono diventati più forti, hanno una carriera scolastica e universitaria strepitosa”.

Perché si è candidato alla presidenza del circolo?
“La decisione è stata quasi obbligatoria. Facevo il vicepresidente e il direttore sportivo ed ero molto impegnato. Ma Gavino Caddia mi ha detto: ‘Ora tocca a te’. Da presidente è molto diverso, devo fare un po’ l’amministratore di condominio. Gli oneri sono tanti, ma è anche un grande onore: la mia passione per il tennis è smisurata. Frequento il circolo da mezzo secolo, ho iniziato a giocare a 12 anni con Mino Piu e Maurizio Solinas, ho smesso a diciotto, poi ho ripreso per divertimento. E negli anni ’90 ho iniziato l’attività dirigenziale”.

Un’attività sempre più complessa, in tutti gli sport.
“Le normative sono complicate e ogni anno si complicano di più. I costi per le società sportive sono in continuo aumento. Abbiamo quattro maestri federali, due istruttori, uno dei quali è anche preparatore fisico, due segretarie e un manutentore. Uno staff importante. In più collaborano con noi un mental coach, un nutrizionista e un fisioterapista. I soldi vanno tirati fuori, non è che puoi aumentare le quote dei ragazzini. Devi inventarti qualcosa. Ringraziamo chi ci sostiene: il main sponsor éambiente di David Mele e gli altri sponsor principali Abinsula, Aeroitalia, GLM Group, Testoni srl, Novacal, House and Life e Andrea Piras”.

In quali campionati giocano le vostre squadre?
“Solo noi e il Tc Cagliari, in Sardegna, abbiamo sia la maschile sia la femminile nei campionati nazionali. Siamo in B1 (le donne l’anno scorso hanno vinto la B2) e vorremmo andare in serie A almeno con una delle due squadre. Gli uomini erano saliti in A2 l’anno del Covid, ma è stato un campionato monco: un girone di tre squadre, due partite perse ed è finita lì. Tanta fatica per il salto dalla C alla B e dalla B alla A, ma non ci siamo goduti nulla. Quest’anno ci riproviamo”.

Chi sono i giocatori?
“Nella squadra femminile Carolina Cicu, Livia Marrosu, Roberta Sechi (che vengono dal nostro vivaio) e Francesca Dell’Edera, Alice Ferlito (Italia), Eva Vedder (Olanda), Natalia Siedlinska (Germania), Miriam Bulgaru, Oana Gavrila, Stefania Boijica (Romania). Nella squadra maschile Matteo Mura, Gianluca Sarais, Andrea Cherchi, Andrea Oronti (dal vivaio) e Valerio Perruzza (Italia), Robert Strombachs (Germania), Alberto Barroso, David Vega Hernandez (Spagna)”.

Tanta gente.
“I nostri campionati sono difficili. A parte i ragazzi cresciuti nella Torres, gli altri sono professionisti che girano il mondo. Quindi da aprile a luglio, quando si giocano i campionati a squadre, devo monitorare i tornei dal martedì per capire chi potrei avere in campo il sabato…”

Non sarebbe più semplice ed economico restare una o due serie più sotto con una squadra fatta in casa?
“No. Dal punto di vista economico una squadra nei campionati nazionali ti serve ad avere i contributi della Federazione e quelli della Regione. Ma non è l’aspetto più importante. Portare a Sassari giocatori di livello internazionale crea un volano incredibile di interesse e di spirito di emulazione nei nostri ragazzi che possono allenarsi, confrontarsi e vivere con loro”.

A proposito: quando rivedremo un torneo internazionale a Sassari?
“Ci speriamo, ma se ne parlerà quando il campo principale sarà stato omologato. Questa situazione ci ingessa dal 2016. Ora è arrivato un finanziamento regionale di oltre un milione a Torres Calcio e Torres Tennis, a noi vanno 250mila euro per sistemare la copertura e tutto il resto. Stiamo cercando altre risorse per rimettere a posto gli spogliatoi che non sono in buone condizioni”.

La padel-mania è già finita, soppiantata dalla Sinner-mania?
“Ammettiamolo: il tennista ha sempre avuto una sorta di puzza sotto il naso, perché il padel è facile e divertente, ma chi non ha mai preso in mano una racchetta può giocare una partita nel giro di due ore… In ogni caso Binaghi ha capito subito che non doveva avere il padel contro, come è successo in Spagna, dove i circoli di tennis sono stati fagocitati. Angelo ha fatto inserire il padel nella Federazione e quest’onda ha portato vantaggi a tutti. In più l’Italia ha avuto la bravura/fortuna di avere un grande gruppo di campioni e la gente si è innamorata dal tennis, lo sport che oggi ci fa stare incollati alla televisione, insidiando anche le partite di calcio”.

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Per saperne di più:

“Antonio Bozzo” Sassari


https://www.fitp.it