La lingua blu in Sardegna a novembre ha raggiunto livelli devastanti per le aziende di allevamento sarde, con una perdita lorda per minor fatturato delle imprese di settore che si aggira ormai a circa 85 milioni di euro. Cifre che portano oramai alla necessità del comparto di dover ottenere indennizzi per almeno 35 milioni di euro, necessari a coprire parte di queste gravi perdite. La situazione drammatica è acuita dalla mancanza ancora di una misura e strumenti all’orizzonte per arginare e ristorare il sistema. Lo denuncia Coldiretti Sardegna leggendo una situazione fuori controllo e non ancora arginata.

NUMERI IMPRESSIONANTI. I numeri lo certificano con oltre 225.000 animali che non genereranno reddito per le aziende di allevamento sarde, considerati i più di 176.000 capi che saranno improduttivi di latte e agnelli a cui si sommano i 50.000 animali morti (su 1,4 milioni di capi presenti – fonte ultimo bollettino Istituto Zooprofilattico della Sardegna). Cifre impressionanti che portano ad altre ripercussioni negative per il sistema economico.

RIPERCUSSIONI. A subire un contraccolpo della crisi legata alla lingua blu, infatti, sono anche: il mercato del lavoro (calo delle entrate per le aziende e minor numero di capi corrisponde a una minor offerta occupazionale); calo dei consumi; minor gettito fiscale per le casse regionali; minore offerta per il consumatore e per i mercati di formaggi e carni agnello; calo generalizzato del benessere locale.

MANCANZA AZIONI. Per Coldiretti Sardegna le proporzioni attuali del problema sono strettamente connesse “all’assenza di azioni efficaci di gestione del problema” tanto che l’emergenza sanitaria e finanziaria appare tutt’altro che risolta, nonostante i ripetuti allarmi lanciati dagli allevatori di Coldiretti Sardegna. I provvedimenti adottati fin qui dalla Regione non solo non sono sufficienti a contenere il dramma in atto, ma all’orizzonte non si intravvede ancora una misura efficace. Il piano di contenimento dell’epidemia, mai decollato realmente, ha lasciato molte zone dell’isola senza interventi tempestivi e adeguati con le conseguenze sempre più gravi che si vedono ancora oggi.

POLITICHE. La situazione che fotografiamo oggi conferma che non solo le risorse stanziate – pari a 13,5 milioni di euro – risultano del tutto inadeguate a fronteggiare l’escalation della situazione ma ormai serve il piano emergenziale per ristorare gli allevatori colpiti promesso e mai attuato. Con il numero di capi morti in vertiginosa crescita, si rende indispensabile l’unità di crisi promessa ed è urgente un intervento finanziario massiccio, oltre alla creazione della task force regionale operativa e di un’unità di crisi, misure promesse ma non ancora concretizzate.

ESTATE CALDA. La crisi della lingua blu in Sardegna – ricorda Coldiretti – è un dramma crescente e non certo recente. La lingua blu ha iniziato a diffondersi capillarmente già da giugno, raggiungendo i livelli preoccupanti di oggi. All’inizio di settembre si contavano già circa 1.000 focolai, un numero che è aumentato in modo esponenziale nelle settimane successive fino a raggiungere i 3.000 a fine mese. Particolarmente colpiti sono stati il Sulcis, il Campidano, Oristanese, il Nuorese, la Gallura e il Sassarese, con ripercussioni anche nel settore bovino, dove le restrizioni alla movimentazione del bestiame avevano messo in ginocchio gli allevatori e compromesso parte della stagione di vendita. Ancora sul bovino si pagano conseguenze visibili anche oggi con i danni subiti per i blocchi alle movimentazioni e le difficoltà nelle vendite.

IL PASSATO. Ma l’inefficacia delle misure di emergenza e la necessità di interventi strutturali restano macchie gravi sulla gestione della malattia. La gravità della situazione è evidenziata dallo storico delle precedenti epidemie che mette in luce l’inefficacia degli interventi adottati in passato come oggi. Negli anni 2003-2004, per esempio, la lingua blu colpì quasi un milione di capi (con 75.797 capi morti), mentre l’ondata 2013-2014 portò alla morte di 113.780 capi su oltre 1,7 milioni infetti. La crisi attuale richiede un approccio strutturale per evitare il ripetersi di emergenze simili, con l’attivazione di una task force dedicata e un piano finanziario adeguato.