“Per dare la dovuta assistenza ai malati in carcere non bastano le leggi: occorre un approccio sinergico fra il livello della decisione politica, il lato medico e la magistratura per governare le complessità. L’obiettivo comune deve essere la tutela della salute”. E’ questo il messaggio lanciato dall’assessore della sanità, Armando Bartolazzi, ospite del convegno “Tutela della Salute negli istituti penitenziari del Nord Sardegna: peculiarità e criticità”. Nel corso del convegno, nella sede del Palazzo di Giustizia della Corte d’Appello di Sassari, è stata rappresentata la normativa di riferimento nazionale e la situazione della sanità carceraria nell’isola, con particolare riferimento alle realtà di Sassari, Alghero, Tempio, Nuoro e Mamone.
I lavori hanno rappresentato le criticità nell’erogazione sanitaria all’interno degli istituti penitenziari: dagli organici alle dotazioni strumentali, all’esiguità degli spazi dedicati alla cura e alla degenza differenziata per diversi tipi di patologie.
“Occorre andare verso un sistema che clusterizzi l’utenza per tipologia di cura: malattie infettive, tossicodipendenze, disagio mentale e patologie comportamentali. In questo modo, ha spiegato Bartolazzi, è possibile organizzare la risposta sanitaria con una presa in carico che veda come obiettivo non solo il fine pena, ma il trattamento del paziente detenuto a 360 gradi, garantendo la cura ed il reinserimento sociale dell’individuo. Per fare questo, ha precisato l’esponente della giunta Todde, bisogna rafforzare il legame fra i livelli di gestione territoriale della sanità e le realtà penitenziarie dell’isola. Penso anche alle prestazioni aggiuntive specialistiche da erogare, là dove possibile, all’interno del carcere. Infine una riflessione politica sull’applicazione della legislazione di settore in Italia. Le sezioni carcerarie in ospedale ci sono, ma gli spazi vengono spesso vengono occupati da altre discipline. Occorre, ha concluso Bartolazzi, una maggior consapevolezza ed un’assunzione di responsabilità verso i pazienti detenuti, spesso in condizioni di fragilità estrema”