In Italia, il dramma delle morti sul lavoro continua a crescere. Nei primi otto mesi del 2024, si contano 680 vittime, un aumento di 23 decessi rispetto allo stesso periodo del 2023, pari al +3,5%. Un dato allarmante che evidenzia come la sicurezza nei luoghi di lavoro sia ancora un obiettivo lontano da raggiungere.

A livello regionale, alcune aree del Paese risultano particolarmente a rischio. Secondo i dati dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, la zona rossa per incidenza di mortalità riguarda Valle d’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Molise e Calabria, dove il rischio di infortunio mortale è superiore del 25% rispetto alla media nazionale (21,5 morti ogni milione di lavoratori). La Sardegna, insieme a Emilia-Romagna, Basilicata, Campania, Puglia e Lazio, rientra invece nella zona arancione, un gradino sotto, ma comunque in una fascia preoccupante. Le regioni più sicure si trovano nella zona bianca, che include Veneto, Liguria e Marche, con i livelli di mortalità più bassi.

Ma quali sono le categorie più colpite? Anche nel 2024, il settore delle costruzioni rimane il più pericoloso, con 92 decessi registrati, seguito dalle attività manifatturiere (60) e dai trasporti (53). Inoltre, l’età dei lavoratori incide molto sul rischio: gli over 65 sono i più vulnerabili, con un’incidenza di 87,2 morti ogni milione di lavoratori, seguiti da quelli nella fascia tra 55 e 64 anni. Un dato che sottolinea come i lavoratori più anziani siano esposti a pericoli maggiori, probabilmente a causa delle condizioni fisiche e di una maggiore esposizione a lavori usuranti.

Un altro aspetto che emerge è la condizione dei lavoratori stranieri. Nei primi otto mesi del 2024, 120 lavoratori stranieri hanno perso la vita sul lavoro, con un tasso di mortalità quasi triplo rispetto a quello degli italiani. Questo dimostra come gli stranieri, spesso impegnati in lavori più precari e pericolosi, siano maggiormente a rischio. Il dato per loro è di 50,6 morti ogni milione di lavoratori, contro i 18,2 degli italiani.

Se si osserva il quadro generale degli infortuni, la situazione è altrettanto preoccupante. Le denunce di infortunio, sia mortali che non, sono aumentate dello 0,9% rispetto ad agosto 2023, raggiungendo quota 386.554. I settori più colpiti, oltre alle costruzioni, sono le attività manifatturiere, con 46.950 denunce, seguite dalla sanità, dal trasporto e dal commercio.

La fascia d’età più esposta agli infortuni va dai 45 ai 54 anni, con 86.030 denunce. Anche le donne non sono esenti da questo dramma: sono 35 quelle decedute durante l’attività lavorativa e 24 quelle che hanno perso la vita in itinere, ovvero durante il tragitto casa-lavoro.

La Sardegna, seppur non in cima alla classifica delle regioni più colpite, conta 15 morti in occasione di lavoro nei primi otto mesi del 2024. Un dato che invita a riflettere sull’urgenza di migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro anche nell’isola, dove settori come l’edilizia e il turismo vedono impiegate numerose persone in attività ad alto rischio.

I dati dimostrano quanto sia ancora necessario rafforzare la cultura della sicurezza sul lavoro e l’importanza di prevenire situazioni pericolose attraverso un’adeguata formazione e l’uso di strumenti di protezione. Ogni vita persa sul lavoro è una tragedia che poteva essere evitata, e il fatto che i numeri continuino a crescere è un segnale che c’è ancora molto da fare.

In sintesi, la Sardegna, insieme ad altre regioni italiane, si trova in una situazione critica per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. È fondamentale agire con urgenza per fermare questa strage silenziosa, garantendo condizioni lavorative più sicure e tutelando la vita dei lavoratori.