di Pier Luigi Rubattu

Sassari. Entra Gavino Ledda in un negozio di abbigliamento, tra i pochi di un certo tono rimasti in città. Cerca scarpe comode, quelle che ha ai piedi sono ormai scassate.

Non lo riconoscono, per ora è soltanto un anziano che indossa una camicia da boscaiolo e sembra  fuori luogo, ma per niente spaesato, fra  quegli scaffali e grucce traboccanti di marchi chic. Soppesa un paio di scarpe candide e fighissime, le prova, “l’importante è che siano ortopediche, le devo sentire”. 

Fa un po’ di piegamenti sulle gambe tenendo le braccia tese in avanti ed è allora che una cliente appena entrata rompe l’incantesimo riconoscendolo: “Attento a come si muove che potrebbe fare dei rumori strani”. 

Gavino adesso è circondato, chi ha letto Padre Padrone e chi no, “lei è di Siligo, vero? Io sono di Bultei”, gli chiedono quanti anni ha, “76”, vezzoso, sapendo di essere molto in forma per i suoi 86.  “E coa”, puntualizza mia moglie, e lui stringe gli occhi ridendosela senza ridere, le labbra sottili impassibili. 

Mi presento facendo il nome di un giornalista amico comune. “Sì, l’ho sentito da poco, devo parlargli perché  scriverò un libro che partirà dal Tigri e dall’Eufrate, ci andrò ma non voglio viaggiare da solo, mi piacerebbe essere accompagnato da una bella ragazza”. 

Faccio i complimenti per la sua recitazione in Assandira,  film che dice molto della Sardegna turistica, delle illusioni e delusioni della modernità: “Ah, io facevo solo l’attore”. Ma è anche merito suo se il film è bellissimo. “No, è pessimo”. Con il regista forse qualche divergenza. 

Si dirige alla cassa sicuro, vispo e riverito come Julia Roberts che fa shopping in Pretty Woman, infine l’uscita trionfale con le scarpe bianchissime e fighissime ai piedi. Padre padrone della scena, dovunque vada.