Le imprese artigiane sarde hanno vissuto nel complesso un 2023 in chiaroscuro, sebbene meno turbolento dell’anno precedente. Lo si evince dall’ultima indagine congiunturale condotta dalla CNA Sardegna su un campione rappresentativo di imprese artigiane dell’isola finalizzata a fare il punto sull’andamento dell’economia delle PMI sarde tra la fine del 2023 e la prima parte del 2024.
Specialmente nel primo semestre 2022 il rapido calo della fiducia e l’impennata dei costi energetici, legato all’esplosione della crisi nell’est europeo, avevano impattato duramente sui livelli di ordinativi e fatturato, con cali generalizzati – indicato dal 40% delle imprese – solo parzialmente recuperati grazie a una buona stagione estiva e al periodo natalizio. La situazione del 2023 – evidenzia il dossier della Cna sarda – non è stata molto diversa: una prima parte dell’anno stagnante e una seconda parte solo moderatamente espansiva, trainata da turismo, costruzioni e da primi segnali di rallentamento dell’inflazione.
“Le crisi internazionali e il loro possibile impatto sui corsi energetici e sulle traiettorie di allentamento monetario, hanno rappresentato e rappresentano una minaccia per la congiuntura nazionale e regionale e questo ha pesato sulla fiducia e sulle aspettative delle imprese – commentano Francesco Porcu e Luigi Tomasi, rispettivamente segretario e presidente regionale della Cna Sardegna –. Non a caso, guardando alle indicazioni per la prima parte del 2024 (gennaio-giugno), prevale nettamente chi ha indicato fatturati, ordinativi e produzione in linea con l’ultima parte del 2023, ma con una quota consistente, circa un quinto, che indica cali o forti cali. Al netto dei condizionamenti esterni il rilancio dell’economia regionale sul lungo periodo si giocherà tutta sulla capacità di allocare in maniera virtuosa le ingenti risorse finanziarie di cui la Sardegna disporrà nei prossimi 3 – 4 anni”.
La fragilità delle piccole imprese
Nell’ultimo biennio la congiuntura economica è stata nettamente più positiva per le imprese medio grandi (quelle con fatturato superiore a 100 mila euro), le quali, non solo hanno indicato una crescita di produzione, ricavi e ordinativi anche nella prima parte del 2022, ma hanno fatto molta meno fatica nella fase successiva, mostrando segnali di crescita per tutto il 2023. Di contro, le imprese più piccole hanno fornito indicazioni critiche, mostrando una maggiore vulnerabilità nel corso dell’anno passato. Le imprese più grandi (con fatturato superiore a 500 mila euro) si dichiarano tuttavia più pessimiste nella valutazione della congiuntura recente, con una prevalenza di indicazioni negative per i primi sei mesi del 2024 per produzione, ordinativi e fatturato.
Le dinamiche settoriali
Al livello settoriale, costruzioni e impiantistica hanno beneficiato della spinta fornita dall’impennata della domanda di riqualificazione edilizia, come testimoniato da saldi – tra chi indica crescita e chi indica calo – più positivi sia nel 2022, sia nel 2023. Nonostante l’onda del rinnovo incentivato si stia esaurendo, le imprese delineano una prima parte di 2024 ancora positiva, seppure in forte rallentamento. Si può dire che l’aumento dei prezzi di materiali e semilavorati abbia limitato solo parzialmente la crescita dell’attività di riqualificazione abitativa in Regione, anche a beneficio delle tante piccole imprese artigiane che operano nel settore delle costruzioni e dei lavori edilizi specializzati. L’incerta congiuntura economica e l’indebolimento della domanda interna, schiacciata dalla riduzione del potere d’acquisto e dal calo della fiducia delle famiglie, hanno invece pesato sulle dinamiche del settore del commercio, con timidi di stabilizzazione per la prima parte del 2024. Il settore manifatturiero è quello che segnala, in media, le oscillazioni più marcate: un primo semestre dell’anno sempre negativo e un recupero, quasi completo, nella seconda; questo andamento si è osservato sia nel 2022, sia nel 2023, ed è atteso replicarsi anche nel 2024. Più stabile l’andamento della congiuntura nel settore dei servizi, tendenzialmente stazionaria, mentre si mostra più critica la situazione per il settore dei trasporti, soprattutto nel corso del 2023.
Costi di produzione e prezzi di vendita
Nell’ultimo biennio, energia, materiali, semilavorati e costi intermedi (credito, consulenze, noli, servizi, etc.) hanno subito aumenti vertiginosi, impattando sui modelli di redditività delle imprese e trasferendosi, più o meno gradualmente, ai prezzi di vendita. Quanto detto emerge chiaramente dai risultati dell’indagine CNA: il primo semestre del 2022 ha visto schizzare alle stelle i prezzi dell’energia, il cui aumento si è propagato lungo le catene di valore a materiali e semilavorati. Quasi il 20% delle imprese ha infatti indicato di aver sperimentato una crescita molto intensa dei costi di produzione nel primo semestre 2022, a cui aggiungere un altro 73% che ha indicato una crescita più modesta. Nonostante questo, la stragrande maggioranza degli artigiani ha mantenuto i prezzi di vendita stabili (lo indica otre il 65% degli intervistati). Nei mesi successivi la crescita dei costi di produzione è proseguita, generalizzata, sebbene in maniera meno intensa, mentre l’aumento dei costi ha cominciato a trasferirsi ai prezzi di vendita sempre più diffusamente. A fine 2023 l’incremento stimato è del +12,2% su base annua, un dato che rispecchia la crescita dei prezzi alla produzione praticati dalle imprese manifatturiere e da quelle di costruzioni. Nonostante il rallentamento dell’inflazione generale, la crescita attesa dei prezzi alla fine del primo semestre del 2024 si mantiene sostenuta (+9,3%).
Le difficoltà delle imprese
Il tema dell’aumento dei costi di produzione emerge con prepotenza anche nella tassonomia delle difficoltà riscontrate dalle imprese negli ultimi sei mesi; aumento dei costi di approvvigionamento e aumento dei costi generali (personale, noli, consulenze, etc.) compaiono infatti in larga parte delle risposte – quasi il 20% nel primo caso – con indicazioni di persistenza in un orizzonte temporale semestrale. Ma non solo crescita dei costi: pressione fiscale e eccesso di burocrazia rimangono problemi impellenti, assieme all’elevata concorrenza e ai problemi di pagamento.
Artigiani e credito
Alla luce delle politiche monetarie restrittive dell’ultimo biennio, non sorprende che sia aumentata la quota di imprese artigiane che lamenta un deterioramento delle condizioni complessive del finanziamento bancario; nel 2021 si trattava di appena il 2,3% degli artigiani, nel 2023 la quota è salita al 13,4%. Siamo ancora lontani dal 39% del 2011, ma il segnale negativo è coerente con le dinamiche più recenti del mercato del credito in Sardegna. Aumento del margine della banca sui prestiti già concessi e richiesta di rientro, anche parziale, sui prestiti per esigenze di liquidità sono gli eventi maggiormente verificatisi.
Gli investimenti
In riferimento ai prossimi due anni, solo una minoranza delle imprese (il 16,5%) sta pianificando investimenti, una percentuale che sale al 44% tra le imprese di maggiore dimensione (oltre 500 mila euro di fatturato), ma che scende al 14% tra quelle più piccole. Da un lato, molte imprese non ritengono l’investimento necessario per il miglioramento del proprio modello economico, dall’altro, lo scenario di mercato è ritenuto non ideale per pianificare azioni finalizzate all’incremento della produttività o della capacità produttiva; non marginale, tuttavia, è la quota di operatori che indica di non avere margine economico per progettare gli investimenti. Interrogate su quale ambito ritengano strategico in un’ottica di sviluppo futuro dell’azienda, si osserva come alcuni elementi siano completamente ignorati dalle imprese, alcuni di indubbia importanza sociale, come il miglioramento della sicurezza sul lavoro (lo indica appena il 3,1% delle imprese), altri più fondamentali in termini di competitività e crescita d’impresa, come internazionalizzazione, acquisto di brevetti o licenze, marketing, comunicazione o formazione e aggiornamento del capitale umano. A quanto pare, le imprese artigiane della Sardegna ritengono l’investimento funzionale solo all’aumento della capacità produttiva, mirato, quindi, all’acquisto di macchinari, attrezzature e mezzi mobili (come indicato dal 48% delle imprese), a cui aggiungere una parte significativa che si orienterebbe per l’ammodernamento o l’ampliamento degli immobili per l’attività produttiva (30,4%).
Gli investimenti in impianti FER
Concludiamo con un’osservazione dal forte indirizzo strategico. Tra le imprese artigiane manifatturiere quasi un terzo indica di essere pronta a investire in impianti FER, a patto, però, di poter disporre di un adeguato schema incentivante.
“Queste indicazioni – evidenziano Porcu e Tomasi – rafforzano l’idea che la proposta dalla CNA di introdurre un sistema di incentivi indirizzato alle imprese manifatture sarde al fine di promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici nei tetti dei capannoni e ridurre il consumo di elettricità – nella forma di un credito d’imposta del 50% per le spese sostenute per l’installazione degli impianti (incluso il sistema di accumulo) – possa portare, nella realtà, a risultati significativi”.
In linea con il risultato del sondaggio, la Cna Sardegna stima che, ipotizzando il coinvolgimento, in un triennio, del 20% delle PMI manifatturiere (circa 1.500 unità produttive) e ipotizzando una dimensione media dell’impianto installato pari a 48 kW (dimensione media degli impianti esistenti in Italia in ambito terziario), si potrebbe arrivare a una potenza installata di 72 MW, 88 GWh medio di produzione annua, corrispondente a un incremento del 6,5% della produzione complessiva da fotovoltaico di tutta la Regione. L’abbattimento dei consumi energetici della singola PMI sarebbe intorno al 22%, mentre il risparmio energetico per tutto il settore manifatturiero regionale arriverebbe al 5,5% (88 GWh sul consumo totale di circa 1.600 GWh*). L’investimento attivato, considerando un costo medio dell’impianto di 2.000 euro per kW, sarebbe pari a 145 milioni di euro, ovvero 72,4 milioni di euro in termini di credito d’imposta concesso alle imprese.