La carenza di personale con elevate competenze digitali colpisce anche la Sardegna. Nell’Isola gli addetti qualificati digitalmente sono sempre più difficili da trovare soprattutto se si tratta di lavorare nel mondo dell’intelligenza artificiale.
Secondo il rapporto dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha rielaborato i dati UnionCamere, Anpal ed Excelsior del 2023, nel territorio sardo mancano 17.720 addetti: ben 7.750, il
43,7%, è molto difficile da reperire.
La difficoltà cresce nelle imprese artigiane che hanno già varcato le frontiere dell’intelligenza artificiale la cui corsa nella transizione digitale è frenata proprio dalla difficoltà di trovare personale adeguatamente formato e certificato: in Sardegna per queste realtà è introvabile il 52,2% dei lavoratori con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 (890 su 1.700); per la manodopera con competenze digitali di base è introvabile il 52,6% (910 su 1.730) e per le competenze e metodi matematici e informatici è introvabile il 52,6% dei lavoratori (1.010 su 1.920).
“La scarsità di personale con le giuste competenze frena le transizioni ecologica e digitale ed è indicato come il problema più grave dalle Pmi della nostra regione – commentano Giacomo Meloni e Fabio Mereu, Presidente e VicePresidente Vicario di Confartigianato Sardegna – per le aziende la difficoltà a trovare lavoratori qualificati supera di gran lunga i problemi della burocrazia, dell’accesso al credito e della concorrenza sleale. Ne va anche della competitività dei piccoli imprenditori, impegnati ad utilizzare l’IA con l’intelligenza artigiana per potenziare la qualità made in Italy delle loro produzioni”. “La carenza di personale specializzato è un problema trasversale a ogni settore dell’economia sarda – proseguono
Meloni e Mereu – ma si fa maggiormente sentire in quei comparti che stanno spingendo verso l’innovazione. Occorre insistere sulla collaborazione con le scuole, perché queste figure vengano formate. Ma serve anche un’azione culturale sulle famiglie, in particolare per quanto riguarda la scelta dei percorsi di studio”.
A livello nazionale sono oltre 125mila le micro e piccole imprese che hanno già varcato le frontiere dell’intelligenza artificiale, su un totale di 134 mila imprese italiane pioniere dell’IA. Su 449 mila
lavoratori con elevate e-skill 4.0 richiesti dalle aziende, ne mancano all’appello 246 mila, pari al 54,9%. In generale, la scarsità di personale qualificato è indicato come il problema più grave dal 58,1% delle Mpi del nostro Paese, a fronte del 54,1% della media delle Mpi dell’Ue.
Secondo il rapporto di Confartigianato Sardegna, l’intelligenza artificiale viene usata dai piccoli imprenditori soprattutto per esigenze di sicurezza informatica, controllo dell’accesso a luoghi, a dati o a servizi, manutenzione di macchinari e automezzi, ottimizzazione dell’utilizzo di energia e materie prime, trattamento dei rifiuti e gestione della logistica, automazione di processi produttivi e applicazioni di contabilità e finanza, automazione delle funzioni di vendita online di beni e servizi e applicazioni nella
prevenzione, nella diagnostica e nelle cure mediche.
“Sull’interazione sempre più spinta tra uomo e macchina, però è necessario cominciare ad aprire un dibattito che sia approfondito e che guardi a 360 gradi le difficoltà e le opportunità, sia per le imprese che per i dipendenti – prosegue il VicePresidente Vicario Mereu – anche perché se il processo non verrà governato correttamente, potrebbe impattare sensibilmente sulle aziende e sugli addetti, causando la cosiddetta “disoccupazione tecnologica. L’intelligenza artificiale è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata da un’altra IA, l’Intelligenza Artigiana, per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, ineguagliabili, dei nostri imprenditori”. “E’ quindi urgente – conclude Mereu – rafforzare quel “sistema di anticorpi” che sta andando man mano indebolendosi e che, fino a oggi, ha protetto i cluster di imprese dagli effetti negativi creato, per esempio negli ultimi tempi, dalla pandemia, dalle crisi mondiali e dalle guerre”.
Sempre su base nazionale, per ciò che riguarda la difficoltà a reperire manodopera esperta di intelligenza artificiale, la situazione peggiore si registra in Trentino Alto Adige dove è introvabile il 67,2% dei lavoratori con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 necessari alle Pmi (9.330 su 13.890). Seguono a breve distanza il Friuli Venezia Giulia, dove manca il 65,2% di personale pronto ad affrontare l’IA (4.800 su 7.360) e l’Umbria con una quota del 63,8% (2.980 su 4.670). A soffrire la carenza di personale con e-skill sono anche il Veneto con 20.270 “introvabili” su 34.590, pari al 58,6%, l’Emilia Romagna (17.910 su 30.810, pari al 58,1%) la Lombardia (46.930 su 81.020, pari al 57,9%) e il Piemonte e la Valle d’Aosta (16.720 su 28.910, pari al 57,8%). Per quanto riguarda, invece, la difficoltà a reperire manodopera con competenze digitali di base, in Piemonte e Val D’Aosta è introvabile il 51,1% dei lavoratori necessari alle Pmi (24.300 su 47.530). Mentre per le competenze e metodi matematici e informatici in Piemonte e Valle d’Aosta è introvabile il 55,7% dei lavoratori (20.270 su 36.360).
In chiave settoriale, la quota di MPI imprese utilizzatrici di sistemi di IA è più elevata nel manifatturiero dove è del 14,6% pari a 26mila imprese, seguito dai servizi con 12,2%, pari a 85mila imprese e dalle
costruzioni con 11,5%, pari a 14mila imprese.
Un esame di maggiore dettaglio settoriale, disponibile per il totale delle imprese con almeno 3 addetti, evidenzia che le quote più elevate, e superiori al 20%, di utilizzatori di sistemi di IA nell’ambito del terziario si osservano per assicurazioni con 51,2%, servizi finanziari con 31,1%, vigilanza e investigazione con 26,7%, produzione di software, consulenza informatica con 26,7%, trasporto aereo con 25,5%, telecomunicazioni con 22,9%, ricerca scientifica e sviluppo con 20,6% e alloggio con 20,3%, mentre nella manifattura no energy, dopo la produzione del tabacco con il 50%, seguono i prodotti farmaceutici con 31,6% e i prodotti chimici con 25,1%, gomma e materie plastiche con 23,8%, macchinari ed apparecchiature con 23,2%, computer e prodotti di elettronica con 20,9%, bevande con 20,1% e stampa e
riproduzione di supporti registrati con 20,1%.
Tra le professioni tecniche, la maggiore criticità riguarda elettrotecnici con il 91,5% delle entrate ad elevata richiesta da parte delle MPI di competenze digitali avanzate 4.0 che risultano difficili da reperire, tecnici della produzione di servizi con l’82,3%, tecnici web con il 76%, tecnici programmatori e tecnici
dell’organizzazione e della gestione dei fattori produttivi, entrambi con il 73,2%, tecnici esperti in applicazioni con il 69,1%, tecnici della sicurezza sul lavoro con il 66,9%, tecnici gestori di reti e di
sistemi telematici con il 66,7%, tecnici meccanici con il 61,5%, approvvigionatori e responsabili acquisti con il 60,5%, operatori di apparecchi per la ripresa e la produzione audio-video con il 58,1%, tecnici della pubblicità e delle pubbliche relazioni con il 56,1% e tecnici della gestione finanziaria con il 55,6%. Tra gli operai specializzati la maggiore difficoltà di reperimento riguarda attrezzisti di macchine utensili con l’88,3%, meccanici artigianali, riparatori e manutentori di automobili con l’84%, idraulici e posatori
di tubazioni idrauliche e di gas con il 73,3%, elettricisti nelle costruzioni civili con il 67,8%, installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici con il 61,3% e montatori di carpenteria metallica con il 55,4%, Tra i conduttori di impianti la maggiore difficoltà di reperimento riguarda il totale (100%) degli operai addetti a macchinari per la stampa dei tessuti e i conduttori di macchinari lavorazione e conservazione carne e pesce. Seguono operai addetti a macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali con l’84%, operai addetti a macchinari per le confezioni di abbigliamento con il 78%, altri operai addetti a macchinari tessili e delle confezioni con il 76,3%, operai addetti a macchinari per
produzione di manufatti in cemento con il 74,3%, assemblatori e cablatori di apparecchiature elettriche con il 62,4%, operai addetti a telai meccanici per la tessitura e la maglieria con il 62,1% e conduttori di macchinari per la fabbricazione articoli in plastica e assimilati con il 57,8%.