In base ai dati Terna, all’inizio del 2023 erano installati in Sardegna impianti eolici e fotovoltaici per una capacità complessiva lorda pari a 2,24 GW – di cui 1,1 eolico e 1,14 solare fotovoltaico – il 6,1% della capacità complessiva installata in Italia: la Sardegna è oggi la settima regione italiana per capacità installata, la sesta se si guarda al solo eolico).
Se però si fa riferimento come si legge nel dossier del Centro Studi della CNA Sardegna anche alle richieste di connessione arrivate a Terna nell’ultimo biennio, la Sardegna è la terza regione italiana per capacità degli impianti, eolici e solari, che hanno avviato l’iter per l’autorizzazione alla connessione alla rete energetica nazionale. I numeri sono ancora più grandi: nel caso dell’eolico si tratta di 34,7 GW (contro gli attuali 1,1) tra siti on-shore e siti off-shore, mentre nel caso del solare si arriva a 23 GW (1,14 quelli attuali).
Se tutte queste richieste dovessero concludersi con l’effettiva realizzazione dell’impianto – evidenzia la Cna sarda – la Sardegna diventerebbe la seconda regione italiana, dopo la Basilicata per potenza installata in rapporto alla popolazione, sia per l’eolico, sia per il fotovoltaico, assorbendo circa il 16% della potenza totale installata nel Paese (contro il 6% di oggi). In questo scenario, partendo da una stima della produzione energetica rinnovabile “potenziale” (qui si usa la media annua del 2022 per i GWh prodotti in rapporto alla potenza unitaria installata), la Sardegna arriverebbe a produrre circa 54mila GWh/a da impianti eolici e 41.800 da fotovoltaico, si tratta di circa 11,8 volte i consumi elettrici annui dell’Isola, un dato che la porrebbe alle spalle soltanto di Basilicata (14,6) e Molise (12,4).
“Il tema della gestione della risorsa energetica è destinato a diventare sempre più strategico in un’ottica di sviluppo economico e produttivo – evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA Sardegna – Le crisi internazionali e la crescente incertezza geopolitica hanno rilanciato la volatilità dei corsi energetici (in particolare gas e petrolio), mentre gli obbiettivi di transizione ecologica mettono in primo piano strategie di investimento funzionali all’efficientamento energetico (riduzione delle emissioni tramite minori consumi energetici in ambito industriale e civile) e allo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili (FER). Per questo – continuano i vertici CNA – non può non destare preoccupazione e allarme l’assalto indiscriminato che si profila sul territorio dell’isola guardando alle istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna nell’ultimo biennio che, se accolte, porterebbero la Sardegna a produrre energia in una misura di 11,8 volte superiore i consumi elettrici annui attuali. È urgente un’intesa Governo-Regione che definisca una disciplina per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del territorio e dell’ambiente privilegiando l’utilizzo di superfici edificate, le aree industriali e artigianali come proposto da CNA. La transizione energetica – concludono i vertici CNA – deve avvenire in maniera ordinata e pianificata, sbarrando la strada a speculatori e facilitatori interessati a lucrare sui beni pubblici; serve un modello che sostenga lo sviluppo dei territori e non impoverisca cittadini e imprese”.
L’iter burocratico
La ricerca della Cna evidenzia come esista comunque una distanza enorme tra impianti che entrano in esercizio e domande di connessione alla rete elettrica: il motivo è legato alla complessità del percorso autorizzativo, che prevede il coinvolgimento di molteplici livelli amministrativi. Di fatto, il rilascio del benestare all’allaccio da parte di Terna è solo uno dei passaggi richiesti. In media, in base alle statistiche del ministero dell’ambiente, l’iter di approvazione dura circa 7 anni, con una percentuale di richieste arrivate alla fase realizzativa intorno al 50%.
Il caso degli impianti eolici off-shore è emblematico: a marzo 2024 le richieste di allaccio ricevute da Terna hanno raggiunto 90 GW (18 GW in Sardegna), di cui circa la metà ha ricevuto la soluzione di connessione (10,8 GW in Sardegna); tuttavia, ad oggi, esiste un solo impianto off-shore in esercizio – davanti al porto di Taranto (30 MW, installato dopo un iter autorizzativo durato 14 anni).
Allo stato attuale, le domande di connessione che si trovano nelle ultime fasi del processo di connessione alla rete sono appena l’1% del totale (circa 0,59 GW, pari a 13 pratiche su 809), mentre i progetti con nulla osta da parte di Terna sono il 3,2% (1,89 GW, pari a 27 pratiche su 809). Da osservare, inoltre, come nessun progetto che preveda impianti off-shore, ovvero in mare aperto, si trova nelle fasi più avanzate.
I benefici per il territorio e le imprese
La ricerca della Cna evidenzia come la realizzazione di parchi per la produzione di energia rinnovabile su larga scala (es. eolico o fotovoltaico) debba essere vista in un’ottica di sistema, nella misura in cui essa contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di maggiore indipendenza energetica e di stabilizzazione dei prezzi dell’energia.
Se si guarda ai benefici economici per il territorio, tuttavia, essi si limitano, sostanzialmente, all’area su cui insiste l’opera. Tralasciando la fase di costruzione e la valutazione economica delle esternalità negative (es. impatti su fauna e flora dei luoghi, paesaggio, agricoltura, turismo etc.), i benefici diretti sono legati a canoni di occupazione del suolo pubblico e altre imposte locali (TASI, IMU, etc.); a eventuali royalties – alcuni comuni negoziano contratti che prevedono il pagamento di un canone in base alla quantità di energia prodotta – e posti di lavoro fissi per la manutenzione e la gestione dell’impianto.
La strategia del fotovoltaico
Secondo la Cna Sardegna, una strategia di sviluppo regionale incentrata sull’aumento della produzione FER che abbia come obiettivo ricadute positive su larga scala per imprese e individui deve necessariamente contemplare l’incentivazione di sistemi di produzione per l’autoconsumo.
Questo vale soprattutto per il settore produttivo e, ancora di più, per la Sardegna. Nell’Isola, infatti, il sistema delle imprese manifatturiere deve fare fronte a bollette più salate e a importanti ritardi nell’efficientamento energetico degli spazi produttivi. A riprova, rapportando il valore aggiunto manifatturiero regionale ai consumi elettrici e considerando una distribuzione settoriale standardizzata – in modo da tenere conto della diversa caratterizzazione produttiva delle regioni italiane – si trova che la Sardegna, con appena 0,7 euro per kwh annuo consumato, è la penultima regione in Italia, precedendo soltanto la Valle d’Aosta.
D’altra parte, in una recente indagine condotta dal CNA presso un campione di PMI operanti in Sardegna è emerso che, tra le imprese manifatturiere sarde, quasi un terzo è disposta a investire in impianti FER, a patto, però, di poter disporre di un adeguato schema incentivante o di una soluzione in comunità energetica.
La proposta della Cna
In base alle indicazioni del dossier la Cna Sardegna rilancia la proposta di introdurre un sistema di incentivi indirizzato alle imprese manifatture sarde al fine di promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici e ridurre il consumo di elettricità – nella forma di un credito d’imposta del 50% per le spese sostenute per l’installazione degli impianti (incluso il sistema di accumulo).
In base ai dati del registro delle imprese attive dell’Istat, in Sardegna nel 2021 erano presenti poco più di 7.350 unità locali con meno di 250 addetti nel settore manifatturiero, di cui il 92% con meno di 10 addetti. Ipotizzando il coinvolgimento, in un triennio, del 20% delle PMI sarde manifatturiere, percentuale del tutto realistica alla luce dei risultati dell’indagine (il 27,6% delle imprese industriali ha indicato di essere disposta ad accogliere questa iniziativa) e corrispondente, grosso modo, a 1.500 unità produttive, e ipotizzando una dimensione media dell’impianto installato pari a 48 kW (dimensione media degli impianti esistenti in Italia in ambito terziario), si arriverebbe a una potenza installata di 72 MW (che corrisponderebbe all’occupazione dell’11% delle superfici disponibili negli edifici produttivi), ovvero 88 GWh medio di produzione annua, pari ad un incremento del 6,5% della produzione complessiva da fotovoltaico attuale di tutta la Regione.
L’abbattimento dei consumi energetici della singola PMI aderente all’iniziativa sarebbe, mediamente, intorno al 22%, mentre il risparmio energetico per tutto il settore manifatturiero regionale arriverebbe al 5,5% (88 GWh sul consumo totale di circa 1.600 GWh*). L’investimento attivato, considerando un costo medio dell’impianto di 2.000 euro per kW, sarebbe pari a 145 milioni di euro, ovvero 72,4 milioni di euro in termini di credito d’imposta concesso alle imprese.