Luras. Per una transizione energetica realmente sostenibile occorrono progetti equilibrati che tengano conto del contesto paesaggistico in cui vengono presentati. Se n’è parlato sabato a Luras, in un incontro pubblico organizzato dal coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica con lo scopo di informare, quanto più possibile, la popolazione sui progetti ricadenti nel territorio.
L’introduzione di Daniela Piras, giornalista e moderatrice dell’evento, ha ricordato quanto poco siano pertinenti le parole “campi” fotovoltaici e “parchi” eolici poiché c’è ben poco di bucolico in impianti prettamente industriali. “Sono molti i comitati nati per contrapporsi a questa speculazione – ha detto Piras – che ci viene presentata come necessaria e addirittura auspicabile. La nostra non è una battaglia isolata e fuori dal tempo”.
All’incontro, a cui era presente anche il primo cittadino Mauro Azzena, si è discusso sui vari aspetti relativi alla speculazione in atto, primo tra tutti il modo con cui questi vengono imposti.
“Non si esita ad espropriare terreni di aziende agricole biologiche, in nome della transizione energetica – ha detto Maria Antonietta Pirrigheddu, attivista. – Come sta per accadere a Selargiu
s, per costruire sapete cosa? Impianti di batterie d’accumulo, che servono ai signori dell’Energia. Perché proprio dove lavorano parecchie persone da una vita, su terreni preziosi per il nostro sostentamento?”
Il monito è quello di tenere gli occhi aperti poiché, aggiunge Pirrigheddu: “Nei prossimi mesi, questo potrebbe succedere anche qui a Luras, se noi non porremo rimedio. Perché i rimedi ci sono eccome.”. Oltre il danno, arriva anche la beffa, rappresentata dalle famose compensazioni: “Le aziende proponenti arrivano ad intascare più di un milione di euro all’anno per ogni turbina eolica. In cambio dei territori devastati propongono di costruirci graziose siepi e altalene per bambini, come si legge in alcuni progetti. Questo è il valore che attribuiscono a noi sardi.”
Molti i punti toccati dai relatori, tra cui gli effetti negativi sullo stato di salute psico-fisico di chi si trova a vivere in prossimità degli impianti eolici, come dimostrato da certe normative del nord Europa e della Germania che tutelano le persone in merito al fenomeno dello “sfarfallio intermittente” dato dal cambiamento repentino di luce e ombra causato dal movimento dei rotori degli aerogeneratori. Un’altra spinosa tematica è quella dello smaltimento di tali impianti. “Servono all’incirca 180.000 euro per pala, oltre alla difficoltà oggettiva di dismettere il basamento di circa 1300 m3 di cemento armato – ha detto Marta Tolar, architetto urbanista e referente del gruppo tecnico del Coordinamento –, senza tenere conto del consumo di suolo che ciò comporta”.
Tolar ha poi fatto un focus dei progetti ricadenti sul territorio di Luras: “Tre progetti comprendenti in tutto 22 turbine eoliche alte circa 210 m. su un’area che va dal monte Pulchiana al lago del Liscia. A rischio ci sono le attività produttive, agricole, turistiche, nonché il paesaggio e la bellezza, ossia ciò che crea la nostra identità”.
Per avere maggiore contezza del quadro delineato, sullo schermo vengono proiettate le simulazioni realizzate dal cartografo Vittorio Angius, che mostrano gli impianti in via autorizzativa inseriti nel territorio e un brusio di indignazione si solleva tra i partecipanti dell’incontro.
Il motivo per cui questo tipo di impianti per attuare l’auspicata transizione energetica non sia utile ma, anzi, ulteriormente dannoso, lo ha spiegato Mirko Piras, naturalista e membro del comitato per la biodiversità dell’Anglona: “La transizione imposta all’isola è funzionale a tenere in piedi un modello di consumo che non considera né i limiti ecologici dei sistemi naturali né le disuguaglianze sociali generate da un modello estrattivista che è la causa della crisi ambientale in atto. Assistiamo inoltre da anni ad una conversione – favorita dalle varie PAC – delle aziende agricole in industrie per la produzione di cibo con tutto quello che ne consegue in termini di esternalità negative per l’ambiente isolano, poco adatto a questo modello perché estremamente diversificato sotto il profilo paesaggistico e culturale. Continua infatti a diminuire il numero di persone impiegate nelle campagne mentre aumenta la dipendenza dai mangimi (le cui componenti provengono da altri continenti generando un impatto ecologico notevole) e dall’uso di fertilizzanti chimici. Il mancato riconoscimento del valore del lavoro di chi vive in e di campagna, oltre a generare un cambiamento culturale nell’assetto aziendale semplifica notevolmente il lavoro dei ‘cacciatori’ di contratti delle società che speculano sulla conversione di vento e sole in energia elettrica”.
“Ciò che si può fare, e che il coordinamento gallurese sta già facendo da mesi di concerto con gli altri comitati regionali – ricorda Gianni Monteduro, attivista – è sensibilizzare la popolazione, informare ed opporsi ai progetti tramite la presentazione delle osservazioni; spingere sui Comuni affinché inseriscano nel Piano Urbanistico Comunale i vincoli necessari, redigendo una completa carta dei beni archeologici, culturali e identitari; sviluppare le Comunità Energetiche quale strada privilegiata per un autoapprovvigionamento energetico e per un consumo in prossimità dei luoghi di produzione, come sottolineato nelle direttive europee mal attuate dall’Italia; affiancare le amministrazioni per supportarle e contrastare atteggiamenti rinunciatari e, infine, attivare in tempi brevi un tavolo di confronto con la Regione per addivenire a una legge di moratoria che dia il tempo di stilare un piano energetico regionale di concerto con le amministrazioni e le comunità locali, in considerazione delle reali necessità del territorio e della popolazione sarda”.
E in quest’ottica che si sta muovendo il sindaco Mauro Azzena, resosi disponibile a chiarire i dubbi della cittadinanza, che gli ha rivolto diverse domande. “Come Comune ci stiamo muovendo per costituire una Cer intercomunale, siamo contrari all’installazione di impianti eolici e abbiamo limitato il fotovoltaico all’area artigianale, entro un raggio di 500 m. dalla stessa – ha detto il primo cittadino –. Stiamo seguendo tutti i passaggi possibili per far in modo che questo territorio non venga svenduto alle multinazionali del sole e del vento”.