L’aumento delle imprese produttrici e l’incremento delle vendite dei prodotti all’estero fanno bene all’artigianato alimentare sardo di qualità. Infatti, se da una parte la fiammata inflazionistica ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie sarde, penalizzando i consumi interni, dall’altra non si sono spente né la forza produttrice delle imprese artigiane isolane del food e drink, né la voglia di prodotti sardi nei Paesi oltreconfine.
E i numeri dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha analizzato i dati ISTAT del 2023, lo dicono chiaramente: l’artigianato sardo nei settori dell’alimentare, delle bevande e della
ristorazione in Sardegna conta 2.942 imprese artigiane attive, il 10,7% del totale dell’artigianato sardo con 10.183 addetti. Grazie a questi numeri l’Isola si classifica al primo posto tra tutte le regioni italiane per l’elevato peso degli addetti del settore alimentari, bevande e ristorazione sul totale economia (3,3% contro l’1,5% nazionale). Inoltre tra le prime 5 province, sempre a livello nazionale, per la più alta incidenza degli addetti nei settori in esame sul totale economia, figurano Nuoro (5,8%), al primo posto, e il Sud Sardegna (4,4%), al terzo.
“I nostri artigiani del gusto utilizzano materie prime sarde e metodi di produzione tipici che evidenziano il legame con il territorio regionale – commenta Maria Amelia Lai, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – la genuinità di queste specialità fa bene alla salute, fa muovere l’economia e contribuisce a mantenere alta la bandiera del food regionale nel mondo. Per questo, i prodotti e le imprese della nostra tradizione alimentare, che hanno nella qualità e nell’artigianalità della lavorazione il proprio elemento distintivo, vanno promossi ancora di più”. “I quasi 252milioni di giro d’affari e l’export in continua crescita – continua la Presidente Lai – certificano la qualità delle nostre produzioni alimentari, un patrimonio di bontà, varietà e tradizione unico al mondo. Impariamo a esserne orgogliosi e a difendere, tutti insieme, chi lo produce e a valorizzare maggiormente ogni tipologia alimentare. In questo modo proteggiamo il futuro dei nostri territori, delle nostre famiglie e delle nostre imprese e offriamo opportunità di lavoro per i giovani”.
Tra i territori ben 888 imprese alimentari artigiane lavorano in provincia di Sassari con 3.144 addetti, 635 nel Sud Sardegna con 2.129 lavoratori, 606 nell’area di Cagliari con 2.238 dipendenti, 530 in provincia di Nuoro con 1.856 addetti e 283 a Oristano con 817 collaboratori.
Positivo anche il bilancio dell’export: nell’Isola, negli ultimi 12 mesi, il valore delle esportazioni di alimentari e bevande, ha toccato i 252 milioni di euro pari al 3,3% dell’export manifatturiero. La dinamica delle esportazioni sarde nel primo semestre del 2023 è preceduta da segno positivo ed è pari al +14,7%, la terza miglior performance rilevata tra tutte le regioni. Dalla provincia di Sassari sono stati venduti 120milioni di euro di prodotti alimentari, da Oristano 46, da Nuoro 43, dal Sud Sardegna 22 e da Cagliari 20.
“Si tratta di un comparto in piena crescita ed evoluzione – afferma Daniele Serra, Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – che sempre più risponde alle esigenze di una clientela che nel corso dei lustri ha modificato e affinato i propri gusti e stili alimentari”.
“In ogni caso, è merito di questi “artigiani del cibo” se i nostri prodotti piacciono tanto anche all’estero – continua Serra – un patrimonio economico e di tradizione culturale che va costantemente difeso e valorizzato. Il fatto che anche l’export agroalimentare continui a segnare una crescita, segnala un riconoscimento internazionale che non può che renderci orgogliosi”.
Tra le produzioni artigiane più importanti ci sono panetterie e laboratori che producono dolci, biscotti, prodotti secchi da forno, prodotti di pasticceria conservati, snack dolci o salati e possono anche effettuare vendita diretta al pubblico, pasticcerie e gelaterie che producono prodotti freschi (negli ultimi anni presidi di artigianato ed innovazione alimentare grazie a grandi lievitati diversi da quelli solitamente offerti dal sistema industriale più massificato) e offrono anche servizi di ristorazione tramite la vendita diretta al pubblico (anche ambulante), bar che alla somministrazione diretta stanno affiancando sempre più la vendita di prodotti artigianali, pastifici che producono paste alimentari fresche e secche (anche farcite, in scatola o surgelate) ma anche cuscus e gnocchi, salumifici e norcinerie che producono carne essiccata, salata o affumicata e salumi, le imprese delle filiera lattiero-caseari,
imprese che producono tè, caffè, cacao, cioccolato, caramelle, confetti, condimenti e spezie, imprese che producono vini, distillati, birre, queste ultime in forte ascesa negli ultimi anni grazie soprattutto a microbirrifici. Da non dimenticare poi rosticcerie, friggitorie, pizzerie, pizzerie a taglio, birrerie, pub, enoteche, catering, banqueting, banchi del mercato che preparano cibo per il consumo immediato, venditori di street food, attività di recente e crescente fortuna, ed esercizi che fanno solo take-away.
Secondo il rapporto di Confartigianato Sardegna, che ha analizzato i più recenti dati ISTAT, la Sardegna ha registrato il più alto numero nazionale di operatori agroalimentari certificati DOP, IGP e STG: ben
15.440, il 19% del totale italiano. Parliamo in primis di produttori primari ovvero vivai, aziende agricole, aziende zootecniche che conferiscono le proprie le materie prime alle migliaia di piccole imprese, soprattutto artigiane, come pastifici, risifici, molini, oleifici, caseifici, conserve e marmellate, mielifici, trasformatori di prodotti sott’olio e verdure confezionate, pasti pronti, cantine, birrifici, salumifici che, a loro volta, le trasformano in prodotti d’eccellenza a certificazione europea.
Il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ricorda come siano 8 i prodotti alimentari sardi di qualità riconosciuti dall’Unione europea mediante i marchi DOC (Denominazione
di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG: agnello di Sardegna, Carciofo Spinoso di Sardegna, Culurgionis d’Ogliastra, Fiore Sardo, Pecorino Romano, Pecorino Sardo, Olio di Sardegna e Zafferano di Sardegna.
La ricchezza del territorio sardo si declina anche in ben 243 prodotti agroalimentari tradizionali, caratterizzati da metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo: 85
paste fresche e panetteria, 63 prodotti vegetali, 21 formaggi, 20 prodotti di origine animale, 18 carni, 15 pesci e molluschi, 12 prodotti della gastronomia, 7 bevande e distillati, 1 grassi e 1 condimenti.
Come detto, tutto questo va al di la della fiammata inflazionistica che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, penalizzando i consumi. Nel secondo trimestre 2023 ha ristagnato (+0,2%) la spesa delle famiglie, ma segnato una flessione del 2,3% della spesa per beni non durevoli, che comprendono gli alimentari.
Nei primi nove mesi del 2023 il volume delle vendite al dettaglio di prodotti alimentari ha segnato un calo del 4,4%, più marcato rispetto al -3,5% dei beni non alimentari. Il peso dell’inflazione sui bilanci
famigliari si riverbera sulla fiducia dei consumatori, la quale a novembre registra un ritorno alla crescita, dopo quattro mesi di cali consecutivi.
A novembre, secondo i dati preliminari, l’inflazione evidenzia un netto calo, scendendo a +0,8%, dato che non si registrava da marzo 2021. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla nuova decelerazione del ritmo di crescita dei prezzi dei beni alimentari (+6,1%, era +6,3% a ottobre), che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+5,8%, era +6,1% a ottobre).