Quasi 3 italiani su 4 (74%) dicono no al cibo artificiale prodotto in laboratorio, dalla carne al latte fino al pesce che gruppi di potere finanziario e multinazionali stanno cercando di imporre sui mercati mondiali nonostante le perplessità sugli effetti a lungo termine sulla salute umana. E’ quanto emerge dall’Indagine Coldiretti/Notosondaggi in occasione dell’avvio alla Camera dell’esame del disegno di legge del Governo, già approvato con modifiche dal Senato, che introduce il divieto di produrre e commercializzare cibi a base cellulare per uso alimentare o per i mangimi animali.
Nel rapporto Fao – Oms si parla di “Cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” (ad esempio “carne coltivata”), preferito invece dalle industrie produttrici ma ritenuto essere fuorviante dalle due Autorità mondiali, che rilevano peraltro come la parola “sintetico” sia usato anche dal mondo accademico oltre che dai media.
“L’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare ha la responsabilità di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute e dell’ambiente” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la diffusa diffidenza conferma la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda”.
Il disegno di legge del Governo è arrivato in risposta alla grande mobilitazione della Coldiretti che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento, con oltre 2mila comuni che hanno deliberato a favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni di ogni colore politico ed esponenti di tutti gli schieramenti oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci. Senza dimenticare l’inedita, larga e composita alleanza per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico di cui fanno parte Acli, AcliTerra, Adusbef, Altritalia Ambiente, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, Ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori, Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, Wilderness.
Per il tipo di processo e per gli ingredienti utilizzati vanno applicate le procedure autorizzative previste per i medicinali, che necessitano di prove sperimentali di almeno dieci anni – afferma la Coldiretti – considerato che dalle allergie ai tumori sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel documento delle due Autorità mondiali e per questo una eventuale richiesta di autorizzazione alla commercializzazione che dovesse pervenire all’Ue non potrebbe essere valutata con le procedure ordinarie dei novel food.
Non è un caso che in Paesi dove è stata consentita la vendita come Israele, prima del consumo, venga chiesta – precisa Coldiretti – la firma su una liberatoria dalle responsabilità e conseguenze sulla salute. Ma – continua Coldiretti – pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis – prosegue Coldiretti – hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.
L’Efsa dovrà tenere conto del fatto che – rileva Coldiretti – come segnalato nel rapporto Fao e Oms sul cibo a base cellulare, esistono rischi che riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni. Un limite invalicabile presente nella legislazione europea”.