La Sardegna può davvero realizzare una transizione diretta dalle fonti fossili alle energie rinnovabili e diventare la prima grande isola green d’Europa e del mondo? Per rispondere a questa domanda Legambiente Sardegna e la Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari, hanno organizzato martedì pomeriggio, presso l’Aula Magna “Mario Carta”, l’incontro dal titolo La Transizione energetica in Sardegna: l’analisi dei dati e degli scenari, un tema di particolare rilevanza per la nostra Isola.
L’incontro è stato organizzato all’interno del progetto Life ClimAction, realizzato con il contributo della Commissione Europea, promosso da Legambiente e knowledge partner Enel Foundation, con l’obiettivo di sensibilizzare cittadini, amministrazioni e imprese sugli effetti dei cambiamenti climatici e diffondere una corretta informazione sulle possibilità e gli strumenti per contrastarli, a partire dalla transizione energetica per ridurre l’inquinamento e contribuire all’indipendenza energetica del Paese dalle fonti fossili e inquinanti, come carbone, gas e petrolio.
L’evento è iniziato con i saluti del Prof. Daniele Cocco, presidente della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari, e Annalisa Colombu, presidente Legambiente Sardegna, seguiti da Enrico Concu, ClimAction Leader Legambiente Sardegna, e Katiuscia Eroe, responsabile Energia Legambiente che hanno presentato il progetto ClimAction. Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente ha moderato gli interventi del Prof. Fabrizio Pilo, Dipartimento Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari, del Prof. Giuseppe Desogus, Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura dell’Università di Cagliari e del Prof. Giorgio Peghin, Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura dell’Università di Cagliari.
Storicamente emarginata dalla rete nazionale del gas e costretta a dipendere dal carbone, ora potrebbe trasformare quest’apparente svantaggio in un vantaggio unico. La sua bassa densità demografica e le abbondanti risorse naturali, come il sole e il vento, la rendono un laboratorio ideale per la transizione verso un futuro energetico sostenibile. Dal rapporto del 1972 “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma ad oggi, la consapevolezza della necessità di ridurre l’impatto umano sul pianeta è via via cresciuta. L’Europa ha colto a pieno questa necessità dagli accordi di Parigi fino al Green Deal Europeo con la strategia FF55 e l’obiettivo ultimo del Net Zero al 2050. Il settore dell’energia gioca un ruolo cruciale nel nostro sforzo collettivo per combattere i cambiamenti climatici, ed è per questo che la Sardegna può emergere come un attore chiave di questa trasformazione.
“La transizione energetica della Sardegna è un tema sempre più rilevante, determinante nella lotta al cambiamento climatico e sentito dalle sue comunità -ha dichiarato Annalisa Colombu, Presidente di Legambiente Sardegna.- Grazie alla collaborazione con la Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari, gli studi, i dati e gli scenari presentati durante questo importante incontro hanno evidenziato, in modo oggettivo e scientificamente neutrale, che la Sardegna, con le sue risorse naturali come il sole e il vento, può attuare l’elettrificazione fin da subito in tanti settori e accelerare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione prima del 2050, con vantaggi economici diretti e immediati per cittadini e imprenditori accompagnati da importanti ricadute nella formazione, nell’ambiente, nel lavoro e nella salute. Il paesaggio è l’altra grande risorsa della nostra Isola, le aree necessarie per questa trasformazione sono contenute ma per la loro individuazione è fondamentale la pianificazione, in cui la Regione Sardegna deve avere un ruolo da protagonista, lo studio dei paesaggi da parte della comunità scientifica e l’imprescindibile coinvolgimento delle comunità“.
“Con questo seminario prosegue e si rafforza la collaborazione fra la Facoltà di Ingegneria e Architettura e Legambiente -ha dichiarato il Prof. Daniele Cocco, Presidente della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Cagliari-. Una collaborazione attraverso la quale possiamo contribuire alla diffusione della conoscenza sul territorio, ovvero attuare quella che è la Terza Missione dell’Università. In particolare, nell’ambito del processo di transizione energetica della Sardegna, l’analisi oggettiva dei dati e degli scenari appare quanto mai necessaria ed opportuna”.
Sintesi degli interventi.
Il Prof. Fabrizio Pilo, Prorettore all’innovazione e ai rapporti con il territorio, ha presentato i risultati del progetto BIRDIE-S (Build the Innovative Renewable and Digitally Inclusive Electrified – Sardinia), realizzato nel 2022 dall’Università di Cagliari, dal Politecnico di Torino e da Enel Foundation.
Il progetto ha analizzato le prospettive dell’elettrificazione degli usi finali dell’energia in Sardegna ed evidenziato i benefici ambientali, sociali ed economici, che deriverebbero dall’attuazione delle leggi nazionali e direttive europee già in vigore.
Il sistema energetico sardo è stato analizzato partendo dai dati del Piano Energetico e Ambientale della Regione Sardegna (PEARS) e dai successivi rapporti di monitoraggio oltre che da studi redatti da soggetti pubblici e privati. La Sardegna importa un’elevata quantità di materie a fini energetici, in particolare petrolio, prodotti raffinati e carbone, per un totale di oltre 18.000 ktep (migliaia di tonnellate equivalenti). Una parte dei combustibili fossili importata è utilizzata per la produzione di energia elettrica. La produzione di energia elettrica si completa con impianti eolici (con una potenza installata di 1087,5 MW), fotovoltaici (con una potenza installata di circa 974 MW) ed idroelettrici (con una potenza efficiente lorda di 466,4 MW). Relativamente agli impianti fotovoltaici, circa il 43% dell’energia elettrica prodotta è autoconsumata (ovvero è prodotta e utilizzata direttamente nel luogo di produzione, non immessa nella rete di trasmissione o di distribuzione dell’energia elettrica). Sono inoltre presenti nelle reti di bassa tensione quasi 1.500 sistemi di accumulo con una potenza media di 5,6 kW (la più alta in Italia).
L’analisi del tessuto produttivo sardo evidenzia un numero elevato di aziende che necessitano di temperature operative medio-basse con un nucleo significativo costituito da caseifici e aziende nel settore agroalimentare; il consumo energetico di questi comparti è piccolo, se confrontato con settori più energivori, ma è aggredibile con tecnologie efficienti e a minor impatto ambientale.
Partendo dai consumi al 2020 sono stati definiti alcuni scenari, più o meno cautelativi, al 2030 e al 2050. Gli scenari di sviluppo energetico esaminati sono caratterizzati da un notevole recupero di efficienza che porta ad una complessiva riduzione dei consumi. Il miglioramento dell’efficienza è attribuibile alla combinazione dello sviluppo tecnologico con l’elettrificazione dei trasporti e della generazione di calore.
Lo scenario più ambizioso, per il 2050, vede una crescita della domanda di energia elettrica del 40% rispetto allo scenario inerziale (circa 16 TWh) ma un abbattimento delle emissioni di CO2 del solo settore industriale del 90% (contro il 65% dello scenario più cautelativo) e una riduzione delle emissioni totali di CO2 del 78%. In questo scenario, la domanda di energia elettrica potrà essere totalmente soddisfatta (tenendo conto della capacità di trasmissione dei cavi sottomarini SA.CO.I., SA.PE.I. e del Tyrrhenian link), dall’uso di fonti rinnovabili per oltre 7,35 GW di impianti fotovoltaici e oltre 1,88 GW di eolico, ovvero quasi sette volte gli impianti fotovoltaici attualmente presenti e circa due volte quelli eolici. Sarà inoltre necessario il supporto di sistemi di accumulo con una capacità totale di 41 GWh. Con questa configurazione, la Sardegna potrà raggiungere livelli di autosufficienza energetica superiori all’80% con grandi benefici sul prezzo dell’energia e sulla sua stabilità. La superficie occupata dagli impianti fotovoltaici nello scenario maggiormente elettrificato è di circa 74 km2, pari allo 0,3% del territorio regionale (24.000 km2), e considera l’impiego dei tetti e anche dei terreni a uso agricolo solamente per impianti agrivoltaici, ovvero integrando i pannelli fotovoltaici con la produzione agricola e zootecnica, garantendo quindi l’uso del suolo per le finalità agricole. Considerando anche gli impianti eolici e ipotizzando che siano realizzati totalmente a terra, non offshore, la superficie occupata risulta comunque al di sotto dell’1% del territorio sardo. Immaginando la Sardegna come un campo da calcio, tale superficie rappresenta uno spicchio, circa un ottavo, del cerchio di centrocampo.
L’analisi degli impatti evidenzia che, a fronte di questo incremento dell’uso dell’energia elettrica, si assiste ad una riduzione dei consumi da fonti fossili. Questi cambiamenti si riflettono positivamente sull’ambiente, comportando una riduzione sostanziale delle emissioni nocive (CO2, NOX, SOX e PM10 e PM2,5) che, dal punto di vista sociale, consente di ridurre i casi di mortalità e le malattie respiratorie, favorendo una riduzione della spesa sanitaria regionale del 23% rispetto alla spesa del 2020.
L’installazione, la gestione e la manutenzione degli impianti di generazione da fonti rinnovabili richiederanno nuova forza lavoro. Le stime ritengono necessari circa 38.000 posti di lavoro al 2030 e 57.000 al 2050 direttamente coinvolti nella filiera della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le posizioni lavorative legate all’efficientamento energetico degli edifici possono arrivare sino a 60.000 posti di lavoro al 2050. In questo contesto, è fondamentale l’importanza della formazione scolastica, universitaria e professionale, con attenzione particolare ai lavoratori impegnati in settori che dovranno essere abbandonati a causa della transizione energetica.
BIRDIE-S dimostra in modo oggettivo e scientificamente neutrale che in Sardegna l’elettrificazione è attuabile fin da subito in intere filiere – residenziale, commerciale, terziario, turismo, industria agroalimentare e leggera, trasporti – con vantaggi economici diretti e immediati per cittadini e imprenditori accompagnati da importanti ricadute nella formazione, nell’ambiente, nel lavoro e nella salute.
La Sardegna può accelerare nel percorso della transizione energetica gli obiettivi di decarbonizzazione anche prima del 2050. L’isola presenta infatti delle caratteristiche infrastrutturali molto differenti rispetto alle altre regioni italiane ed è già caratterizzata da un’elevata propensione all’uso dell’energia elettrica come principale vettore energetico, favorita in questo da una eccezionale disponibilità di sole e vento alla base della produzione da fonte rinnovabile.
Per approfondimenti sul progetto BIRDIE-S:
https://www.enelfoundation.org/content/dam/enel-foundation/news/2022/10/presentation-of-the-birdie-s-research-project,-sardinia/
Il Prof. Giuseppe Desogus, Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura dell’Università di Cagliari ha analizzato Il patrimonio edilizio e la sua efficienza energetica.
Con un consumo circa 900.000 tonnellate equivalenti di petrolio nel 2020, il settore civile in Sardegna è il maggior consumatore di energia assieme ai trasporti. Dal 2005, anno del recepimento della prima direttiva europea sull’efficienza energetica in edilizia, ad oggi i consumi del settore sono rimasti pressoché invariati, segno che le misure adottate finora si sono rivelate insufficienti. Anche gli incentivi messi a disposizione fin dal 2007 dallo stato italiano non hanno dato un contributo significativo. Il maggior intervento incentivato finora è stata la sostituzione degli infissi, utile, ma assolutamente insufficiente a far fronte alla scarsissima prestazione energetica del patrimonio edilizio regionale. Recentemente si è osservato un fortissimo incremento della sostituzione degli impianti termici tradizionali con le pompe di calore. Un segnale incoraggiante verso un processo di elettrificazione dell’isola. Anche il Superbonus del 110% non ha riportato risultati confrontabili con le richieste dell’Unione Europea. In due anni di incentivi è stato riqualificato circa il 2,8% del patrimonio, a fronte di un obiettivo di almeno il 6%, necessario per raggiungere la decarbonizzazione del settore entro il 2050. In particolare, risultano deludenti i risultati sugli edifici condominiali che sono stati interessati solamente per 1,4 % dal Superbonus. Il patrimonio si presenta pertanto ancora con un indice di prestazione energetica molto basso. Quasi la metà degli edifici è stata costruita nel periodo tra il 1945 ed il 1980, in cui si sono perse da un lato le tecniche costruttive tradizionali che garantivano un minimo di efficienza energetica e dall’altro non sono state adottate politiche di controllo delle prestazioni. Intervenire in maniera più ampia ed efficace di quanto fatto finora è quantomai urgente anche alla luce della imminente emanazione della nuova direttiva europea che molto probabilmente chiederà agli Stati Membri di raggiungere lo standard di edificio ad emissioni zero per l’intero patrimonio esistente entro il 2050.
Il Prof. Giorgio Peghin, Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura dell’Università di Cagliari, ha presentato il lavoro di studio I Paesaggi dell’Energia. Ricerche progettuali e didattiche nella Scuola di Architettura a Cagliari, sviluppato dagli studenti nei laboratori di progettazione del corso di Laurea Magistrale in Architettura e dagli studenti del Master di II livello in Architettura del Paesaggio.
Nella premessa il Prof. Peghin ha evidenziato alcuni aspetti dello studio del paesaggio. A differenza dello studio dell’ambiente, che è legato a scienze esatte, il paesaggio ancora mantiene una memoria legata all’aspetto percettivo individuale. Il paesaggio è in continua evoluzione, è portato avanti come un fatto endogeno. Il paesaggio non è standardizzabile. Nelle modifiche del paesaggio non possiamo rinunciare al coinvolgimento delle comunità. Alcuni luoghi hanno un genius loci che è riconosciuto da chi vive in quelle comunità. Nella progettazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile, come per gli altri impianti, è fondamentale lo studio del paesaggio e l’inserimento degli stessi nel rispetto delle caratteristiche del paesaggio, con il coinvolgimento delle comunità. Nell’individuazione delle aree idonee e delle aree non idonee alla realizzazione di tali impianti è necessario il coinvolgimento della comunità scientifica e delle comunità dei territori interessati.