In Sardegna sono 5mila le realtà culturali e creative: 15mila gli occupati diretti ma l’Isola è all’ultimo posto
nella graduatoria nazionale come numero di attività. Bassa anche l’incidenza sull’economia regionale. Maria Amelia Lai (Presidente Confartigianato Sardegna): “Valorizzare il settore per dare valore a quel sistema di imprese che investono, crescono e producono reddito”.
Sono 5mila le imprese culturali e creative che operano in Sardegna, e che offrono lavoro, in maniera diretta, a più di 15mila persone. Si occupano di architettura e design, comunicazione, audiovisivo e musica, creazione di videogiochi e software, editoria e stampa, performing arts e arti visive e tutela e valorizzazione del patrimonio
storico, artistico e culturale.
Sono questi i numeri che emergono dall’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati UnionCamere-Tagliacarne 2022, sulle attività culturali.
L’Isola, secondo la graduatoria, occupa il quint’ultimo posto nazionale come numero assoluto di attività: al primo posto la Lombardia con 58mila mentre all’ultimo la Valle d’Aosta con 548, per un totale di 275mila in tutta Italia. Per quanto riguarda l’incidenza sull’economia, le realtà sarde occupano l’ultimo posto con il 2,9% sul valore aggiunto dell’economia isolana mentre prima è la solita Lombardia prima con il 6,6%, per una media nazionale del 4,5%.
“In un momento in cui il Sardegna, come tutto il resto del Mondo, affronta sfide complesse e spesso divisive, è cruciale investire nelle imprese della cultura e della creatività – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – per questo abbiamo il dovere di sostenere e promuovere la loro crescita, riconoscendo il loro ruolo essenziale nella costruzione di società più prosperose, creative e inclusive. Di certo non ci fa onore essere all’ultimo posto come numero totale di attività e nelle retrovie nazionali come incidenza nell’economia regionale per questo dobbiamo sostenere questo settore”. “Le imprese della cultura e della creatività – prosegue Maria Amelia Lai – abbracciano una vasta gamma di settori, tra cui le arti, il design, la musica, il cinema, la letteratura, l’architettura e molto altro ancora. Queste imprese sono le guardiane delle nostre
tradizioni culturali, ma anche i motori dell’innovazione, poiché mescolano il passato con il presente per creare il futuro. Sono fucine di idee e soluzioni creative che sfidano il pensiero convenzionale e ci spingono a vedere il mondo sotto una luce diversa. Ricordiamo che questo settore ha dimostrato di essere attrattivo soprattutto per i
giovani e per le donne”.
Dall’analisi emerge come in Sardegna siano le donne e i giovani a puntare maggiormente sulla cultura per fare business: sul totale delle imprese culturali esistenti nell’Isola 1 su 4 (il 24,5%) è femminile mentre 1 su 10 (10,2%) è guidata da giovani di meno di 35 anni di età. In entrambi i casi il “peso” percentuale di donne e giovani è maggiore rispetto al totale delle aziende, in cui le imprese femminili sono il 22,2% e quelle giovanili l’8,7%. Hanno invece un’incidenza minore, ma comunque non trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che
costituiscono il 5,6% del totale delle imprese culturali e creative (a fronte del 10,8% complessivo).
A livello nazionale, è buono il ritmo di crescita delle imprese culturali nel 2022: +1,85% rispetto al 2021. Interessante anche quello delle imprese giovanili: +2,84% con quasi 600 imprese in più. Cresce anche la partecipazione degli stranieri (+2,04) mentre inferiore alla media è l’aumento delle imprese femminili (+1,19%).
“Solo riaffermando il valore, anche economico, della cultura e della creatività quali risorse preziose di società ricche e dinamiche – conclude la Presidente – possiamo sostenere un sistema di imprese che investono, crescono e producono reddito. Per questo, con sostegni mirati è necessario far sì che queste realtà, con la loro attività,
possano avere una ricaduta importante sull’economia della Sardegna”.
La crescita dell’industria culturale italiana
Considerando il totale delle 275mila aziende del settore culturale censite a fine 2022, le imprese di architettura e design e le attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico hanno consolidato la dinamica di crescita facendo registrare gli incrementi più significativi (rispettivamente +5,8% e +4,3% rispetto al 2021); crescono anche i comparti videogiochi e software (+2,5%) e comunicazione (+2,0%). Minore è la crescita delle performing arts e arti visive (+0,6%), mentre rimane stabile la numerosità delle imprese che operano nel sotto-settore dell’audiovisivo e musica. L’unico comparto ad aver perso smalto è quello dell’editoria che registra un -2,7% nel 2022 rispetto al 2021 (-7,6% rispetto al 2019).
Tra le imprese culturali, comunque, la parte da leone è giocata dall’architettura e dal design (87.836 integrando anche i liberi professionisti, il 31,9% del totale) e dall’editoria e stampa (62.786, il 22,8%). Anche il segmento della comunicazione racchiude un numero non trascurabile di imprese (42.611, il 15,5%). Il comparto videogiochi e software, invece, conta circa 34mila imprese (il 12,4% del totale), poco più delle performing art e arti visive (circa 31 mila, l’11,2%). Seguono le 15.853 attività dell’audiovisivo e musica (il 5,8%) e, molto ben distanziate, le circa 1.200 imprese che si occupano della gestione del patrimonio storico-artistico, pari allo 0,4% delle imprese culturali italiane.
La maggior parte delle imprese culturali e creative ha sede del Nord-Ovest (il 31,5%) e nel Mezzogiorno (il 25,5%); meno numerose sono, invece, le imprese con sede nelle regioni del Centro (il 23,2%) e in quelle del Nord-Est (il 19,8%). Di fatto, oltre un terzo delle imprese culturali e creative si trova all’interno della Lombardia
(dove è localizzato il 21,3% delle imprese totali) e del Lazio (il 12,4% del totale). Questa concentrazione è chiaramente legata alla presenza di grandi agglomerati urbani come Milano e Roma, con le loro numerose attività legate ai servizi avanzati, al patrimonio storico e artistico, agli spettacoli culturali, al turismo. Discorso analogo
vale anche per regioni come il Veneto (che segue in terza posizione con l’8,4% delle imprese totali), la Campania (l’8,0%), l’Emilia-Romagna (il 7,6%) e il Piemonte (7,5%) che “sfruttano” il richiamo della cultura e dell’arte esercitato da città come Venezia, Napoli, Bologna e Torino.
All’interno dei comuni con più di 500mila abitanti si registrano 7,2 imprese culturali ogni 100 imprese registrate; tale incidenza risulta essere pari a 7,3 nei comuni con un numero di abitanti compreso tra i 250-499 mila e a 5,6 all’interno dei comuni con un numero di abitanti compresi tra 100-299 mila. Ma quando le città di medie dimensioni diventano il centro delle produzioni del Made in Italy, la concentrazione di attività culturali e creative diventa consistente.
L’incidenza delle attività culturali nelle città con un numero di abitanti compreso tra 20-59.999 abitanti è del 4,3%, nei comuni con un numero di abitanti compreso tra 60-99.999 è del 4,8%. L’incidenza delle imprese culturali diminuisce gradualmente al ridursi della dimensione dei comuni e raggiunge un peso pari all’1,9% nel caso dei comuni con meno di mille abitanti (dove predominano le attività di architettura e design e quelle legate alla gestione del patrimonio storico artistico) e 2,7% nel caso dei comuni con un numero di abitanti compreso tra i mille e 5mila.
Ad ogni dimensione la propria caratterizzazione.
I comuni con meno di mille abitanti, ad esempio, mostrano una forte concentrazione di professioni legate all’architettura, con una percentuale del 29,1%, che supera di 5 punti percentuali l’incidenza media nazionale. I comuni con un numero di abitanti tra 1.000-4.999 primeggiano invece nei comparti dell’editoria e stampa, con il 25,5% delle imprese del settore (a fronte di un dato medio del 22,8%), e
nelle performing arts e arti visive, con il 12,2% (11,2% la media nazionale). Più diffuse nei grandi centri sono, invece, le attività di comunicazione (19,7% vs il 15,5% medio nazionale), videogiochi e software (14,4% vs 12,4% medio nazionale) e audiovisivo e musica (8,7 vs 5,8% medio nazionale).