Sassari. Unione Popolare (movimento nato nel luglio 2022 e sostenuto da vari partiti e associazioni tra cui Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, DeMa e Manifesta) ha depositato in Corte di Cassazione una proposta di legge per l’istituzione del salario minimo legale e sta organizzando banchetti in tutta Italia per raccogliere le 50.000 firme necessarie.
Ne discuteranno venerdì 7 luglio alle ore 18:30, in una assemblea pubblica organizzata dal Circolo Lidia Menapace di Rifondazione Comunista, lo scrittore Giovanni Nuscis ed Enrico Lai, segretario PRC Sardegna, in Via Maddalena 56.
Sarà anche presentata la petizione per l’istituzione del reddito regionale di base garantito con lo scopo di sostenere le fasce di lavoratrici e lavoratori, occupati o meno, che presentano situazioni economicamente critiche.
“La nostra proposta prevede un salario minimo legale a 10 euro l’ora indicizzato automaticamente all’inflazione. Non si può attendere oltre di fronte al dilagare del lavoro povero che colpisce milioni di lavoratrici e lavoratori cui la contrattazione sindacale da molti anni non è più in grado di garantire salari dignitosi. Milioni di persone oggi, soprattutto se giovani e donne, ricevono retribuzioni sotto i mille euro delle quali l’inflazione, prodotta da guerra e sanzioni in due anni, ha ridotto il potere d’acquisto del 20 per cento”. “L’istituzione di un salario minimo agganciato all’inflazione – si legge nel documento con il quale Unione Popolare ha lanciato la raccolta di firme – può immediatamente e concretamente aiutare cinque milioni di lavoratori e lavoratrici a uscire da una condizione di povertà e non sostituisce ma rafforza la contrattazione nazionale. La nostra proposta punta a dare attuazione all’articolo 36 della Costituzione, che stabilisce il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Esistenza dignitosa che non viene assicurata oggi in Italia, se non si stabilisce una cifra minima di retribuzione sotto la quale non si può scendere, indicizzata sulla base dell’inflazione”.