Il campo di prigionia di Stretti e le basi per le tende dei militari prigionieri
Sassari. Le aree dei campi di prigionia austro-ungarici della Prima Guerra Mondiale all’Asinara – sottoposte a indagini archeologiche- continuano a riservare sorprese e a emergere dal totale oblio nel quale sono state relegate per oltre un secolo.
Si è infatti conclusa in questi giorni una campagna di ricerca archeologica- parte di un progetto d’indagine pluriennale con capofila l’Università di Sassari- volto a far luce sulla materialità della vita nei campi di prigionia, sulla loro organizzazione spaziale e tecniche costruttive.
Una presentazione pubblica dei risultati avrà luogo a Porto Torres il 21 luglio e in quella occasione saranno commentati i ritrovamenti più significativi, verrà perlustrato il campo di Stretti con un tour virtuale sia a terra che con il drone, saranno mostrati i reperti più interessanti.
Le indagini archeologiche, dirette dal Prof. Marco Milanese, Ordinario di Archeologia nel Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari, sono giunte alla terza annualità e si sono particolarmente concentrate nel campo di prigionia di Stretti, con operazioni di diagnostica non invasiva, finalizzate alla programmazione per il prossimo anno di uno scavo estensivo (da subordinare al reperimento dei fondi necessari).
“La novità delle ricerche appena concluse – sottolinea il Prof. Milanese- è anche rappresentata dalle indagini subacquee – condotte con il supporto di archeologi subacquei tedeschi di Koblenz, dall’ampio curriculum internazionale- nelle aree prospicienti alcuni dei campi di prigionia, che hanno permesso di individuare strutture e reperti sommersi riferibili all’attività dei campi”.
Le indagini sono state autorizzate dal Parco Nazionale dell’Asinara (Direttore Dott. Vittorio Gazale) e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici, Paesaggistici, Architettonici e Storici di Sassari e Nuoro (Soprintendente Prof. Bruno Billeci e Funzionari Dott.ssa Gabriella Gasperetti e Gianluigi Marras), con la collaborazione del Comune di Porto Torres e di quello di Stintino.
La documentazione è stata effettuata dai dottorandi Veronica Venco, Stefano Pedersoli e Luca Caloi, con studenti e specializzandi dell’Università di Sassari e l’apporto progettuale del Prof. Luigi Magnini dell’Università di Venezia e di Giovanni Azzalin.