Riceviamo e pubblichiamo l’analisi giunta dall’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico (GrIG) la quale fa il punto sulla questione dei tanti progetti di centrali eoliche in Sardegna. Nello specifico, si parla del territorio della Marmilla:
«La monocoltura eolica in Marmilla. Il 9 giugno 2023 l’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico (GrIG) ha inviato un nuovo atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) concernente il progetto di centrale eolica “Marmilla” proposto dalla società milanese Engie Trexenta s.r.l. in varie località agricole della Marmilla, nei Comuni di Sardara, Villanovaforru, Sanluri e Furtei (SU). Campi, pascoli, macchia mediterranea, corsi d’acqua, testimonianze archeologiche di epoca nuragica.
Sette aerogeneratori (potenza 6 MW ciascuno) per una potenza complessiva di 42 MW, cavidotti, sottostazioni, viabilità che interessano siti ben dentro la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 47 del decreto-legge n. 13/2023 (c.d. decreto PNRR) convertito con integrazioni e modificazioni nella legge n. 41/2023, in attesa della prevista individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile. Presenza, inoltre, di altri analoghi progetti e impianti già realizzati, per cui necessita la valutazione cumulativa degli impatti ambientali, come richiesto da norme e giurisprudenza in materia.
Poco tempo fa il GrIG aveva inviato (28 maggio 2023) un nuovo atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) relativo al progetto di centrale eolica “Serras”, proposto dalla società torinese Asja Serra s.r.l. sempre nel paesaggio agricolo della Marmilla, nei Comuni di Sardara, Villanovaforru, Sanluri e Lunamatrona. Presenza di vincolo culturale e vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), presenza di aree (Giara di Siddi) rientranti nella Rete Natura 2000.
Qualche settimana prima il GrIG aveva già inviato (7 aprile 2023) un atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) relativo al progetto di centrale eolica “Luminu” proposto in località varie della Marmilla e del Sarcidanonel paesaggio agrario-archeologico alle pendici della Giara, nei Comuni di Barumini, Escolca, Gergei, Las Plassas, Villanovafranca, Genoni, Gesturi, Nuragus.
Diciassette aerogeneratori alti oltre 200 metri (potenza 6,6 MW ciascuno, complessivamente 112,2 MW), sbancamenti, viabilità, cavidotti, cabine elettriche in area agricola, attraversata da vari corsi d’acqua, a ridosso della Giara, del Monte San Mauro e dell’area archeologica di Su Nuraxi (Barumini), rientrante nel Patrimonio mondiale dell’Umanità su dichiarazione UNESCO del 1997.
In tutti i casi il GrIG ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di esprimere formale diniego alla compatibilità ambientale dell’impianto in progetto e ha informato, per opportuna conoscenza, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari e i Comuni interessati.
Questi ultimi sono decisamente contrariati (per non dire altro). E hanno pienamente ragione, perché così dovrebbero salutare qualsiasi prospettiva di turismo naturalistico e culturale (in zona oltre 110 mila turisti nel periodo gennaio – settembre 2022). Si tratta di voler installare una monocoltura eolica in questa landa di quest’Isola nel bel mezzo del Mediterraneo occidentale. Il land grabbing di casa nostra.
A chi interessa parlare di land grabbing in Marmilla? Il fenomeno crescente del land grabbing – l’accaparramento di terreni a uso agricolo, pascolativo o boschivo – viene generalmente collocato nell’Africa sub sahariana, in Asia, nell’America Latina e riguarda la pratica di acquisire in proprietà, in affitto o in concessione vaste estensioni di territorio da parte di società di capitali, governi o anche singoli imprenditori con la finalità di destinarli a un utilizzo esclusivo a fini produttivi.
Non vi sono molti dubbi sul fatto che ponga in pericolo la tutela degli interessi nazionali dei vari Paesi alla sovranità e alla sicurezza nel campo dell’approvvigionamento alimentare, in quanto le popolazioni locali perdono il controllo delle risorse naturali del proprio territorio, in particolare i terreni agricoli e boschivi, nonché l’acqua.
Il land grabbing è giustamente fortemente criticato e avversato in campo economico e sociale. Memorabile la trasmissione “Corsa alla terra” di Report (18 dicembre 2011) con cui Milena Gabanelli, allora conduttrice, fece conoscere il fenomeno agli Italiani.
Ma tante sacrosante contestazioni avverso il land grabbing nei Paesi del Terzo Mondo e un assordante silenzio su quanto sta accadendo in Italia, dove ampie zone stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche e fotovoltaiche da parte di società energetiche.
Altrettanto memorabile la puntata di Report I Fossilizzati (17 aprile 2016) si era trasformata in uno spot del servizio pubblico per i progetti di centrali solari termodinamiche del Gruppo Angelantoni da realizzarsi nelle campagne sarde piuttosto che nelle estese aree industriali dismesse, dove il sole batte ugualmente.
Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti della Sardegna, in Puglia, nella Tuscia, in Sicilia.
Consumo del suolo che nemmeno risolve i problemi di un fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato.
In Marmilla, oggetto ormai di numerosi progetti di centrali eoliche con decine e decine di aerogeneratori alti più di 200 metri, il fenomeno è incombente.
Ma parlare di land grabbing in Marmilla non è cool.
I motivi del “no” al Far West energetico in Sardegna.
Ripetiamo ancora, essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.
È proprio il caso della trasformazione della Sardegna in piattaforma produttiva destinata alla servitù energetica.
Qualche sintetica considerazione.
L’amministratore delegato del Gruppo ENEL Francesco Starace, circa un anno e mezzo fa ha affermato che lo “scenario ipotizza l’installazione, a Thyrrenian link in esercizio, di un gigawatt di batterie e circa 4/5 gigawatt di potenza di rinnovabili in più rispetto a quanto abbiamo adesso. Oltre agli ovvi benefici ambientali, come la scomparsa di fatto dell’anidride carbonica prodotta dalle fonti fossili, un piano del genere svilupperebbe investimenti sull’intera filiera da qui al 2030 di 15 miliardi di euro, un indotto più che doppio e una occupazione tra i 10 e i 15mila addetti qualificati e specializzati”.
A oggi in Sardegna non esiste una rete nemmeno decente di impianti di conservazione dell’energia prodotta, si sono solo alcuni progetti approvati e solo uno è entrato recentemente in funzione (il più modesto, ad Assemini):
* un sistema di accumulo a batterie – BESS (Sulcis BESS 1), con potenza 122 MW recentemente approvato all’interno della centrale elettrica ENEL di Portoscuso (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/03/2023 del 3 aprile 2023);
* un sistema di accumulo a batterie (BESS) denominato Codrongianos BESS 2 (Enel Green Power Italia s.r.l.) avente potenza di circa 140 MW (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/05/2023 dell’11 maggio 2023);
* un sistema di accumulo a batterie (BESS) fino a 40 MW di potenza all’interno della centrale termoelettrica Enel Produzione s.p.a. di Assemini (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/15/2021 del 12 ottobre 2021), unico operativo al giugno 2023.
In Sardegna, se fossero approvati tutti i progetti di centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, vi sarebbe un’overdose di energia prodotta, pagata dallo Stato, ma inutilizzabile.
Con la realizzazione del Thyrrenian Link, il nuovo doppio cavo sottomarino di Terna s.p.a. con portata 1000 MW, 950 chilometri di lunghezza complessiva, da Torre Tuscia Magazzeno (Battipaglia – Eboli) a Termini Imerese, alla costa meridionale sarda. Dovrebbe esser pronto nel 2027-2028, insieme al SA.CO.I. 3, l’ammodernamento e potenziamento del collegamento fra Sardegna, Corsica e Penisola con portata 400 MW, che rientra fra i progetti d’interesse europeo.
Al termine dei lavori, considerando l’altro collegamento già esistente, il SA.PE.I. con portata 1000 MW, la Sardegna avrà collegamenti con una portata complessiva di 2.400 MW. Non di più.
Pur non disponendo di dati ufficiali aggiornati, si può fare qualche considerazione in merito.
In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate ben 21 istanze di pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale o regionale per altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva superiore a 1.600 MW, corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già ingente comparto eolico “terrestre” isolano.
Complessivamente dovrebbero esser interessati più di 10 mila ettari di boschi e terreni agricoli da. un’ottantina di richieste di autorizzazioni per nuovi impianti fotovoltaici.
Le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2021 risultavano complessivamente pari a 5.464 MW di energia eolica + altri 10.098 MW di energia solare fotovoltaica, cioè 15.561 MW di nuova potenza da fonte rinnovabile, a cui devono sommarsi i diciannove progetti per centrali eoliche offshore finora presentati, che dichiarano una potenza pari a 13.185 MW.
In tutto sono 28.746 MW, cioè quasi quindici volte i 1.926 MW esistenti (1.054 MW di energia eolica + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).
Significa energia che non potrà essere tutta utilizzata in Sardegna, non potrà esser trasferita verso la Penisola, non potrà essere conservata. Lo scorso 7 giugno 2023 l’Assessore della Difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna Marco Porcu ha dichiarato in audizione presso la Commissione permanente “Attività produttive” del Consiglio regionale che “sono circa 300 le richieste presentate dalle società energetiche a ministero e Regione per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili … Ne arrivano circa 30/40 a settimana”. Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè lo Stato, cioè la Collettività di tutti noi) per essere in buona parte sprecata.
Che cosa si potrebbe fare.
Cosa ben diversa sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.»
Nell’immagine: Villanovaforru, Nurache e Villaggio Genna Maria