Sassari. Giovedì 1 Giugno, dalle ore 17:00 presso la sala conferenze della Fondazione di Sardegna in via Carlo Alberto 7, Mos, Famiglie Arcobaleno, Rete Lenford e UniCA organizzano l’incontro dibattito “BAMBINƏ: complemento oggetto. L’utilizzo strumentale delle bambinə nel dibattito politico e gli effetti sul loro futuro”. Un momento di riflessione sulle nuove famiglie e sui diritti delle e dei bambini (bambinə) che partirà, necessariamente, dal recente divieto del Governo alla registrazione di bambinə natə all’estero che, nei fatti, colpisce unicamente le coppie omogenitoriali, ma non le coppie eterosessuali che utilizzano le madri surrogate in Paesi, come l’India e i paesi dell’Europa dell’est, preclusi alle coppie gay e lesbiche, dove esiste un reale problema di sfruttamento del corpo della donna. Un provvedimento discriminatorio sulla base dell’orientamento sessuale e lesivo dei diritti dellə bambinə che ha mandato nel panico centinaia di Famiglie Arcobaleno e che priva quellə bambinə di una dimensione familiare in cui già vivono.
Ne parleremo con Annalisa Masala, di Famiglie Arcobaleno, Diego Lasio, del dipartimento di psicologia e sociologia di UniCA, Maria Grazia Leoni, pediatra, Filippo Viola, avvocato della Rete Lenford, don Gaetano Galia, pedagogista e cappellano del carcere di Bancali. Modera Massimo Mele del Movimento Omosessuale Sardo.
Da più di 20 anni, dalle prime proposte sulle Unioni Civili, l’Italia discute di “famiglia” o, piuttosto, su come deve essere e su come non dovrebbe. Una discussione piuttosto sterile che anziché partire dalla realtà sociale composita e variegata che viviamo oggi, si scontra su modelli ideali legati ad un immaginario tradizionale imperniato sul paradigma patriarcale. Ma anche eteronormativo, tanto da far diventare “naturale” una costruzione culturale, la famiglia, che ha subito profonde trasformazioni nel tempo e che dovrebbe adattarsi ai mutamenti sociali piuttosto che imporsi in una logica costrittiva. In questo scontro ideologico, sempre più aggressivo, non potevano mancare le e i bambini, utilizzati in maniera strumentale e privati di qualsiasi diritto. Non più soggetto di diritto quindi, tutelato nella sua indipendenza e nel suo “libero sviluppo della personalità”, ma complemento oggetto, l’oggetto su cui ricade l’azione del verbo o, meglio, dei genitori o comunque di chi crede di poter decidere per loro. Nascono da qui i vari movimenti di “difesa della famiglia e dei bambini” riuniti nel Family Day o altre manifestazioni analoghe, che più che difendere la propria famiglia, molto spesso non proprio coerente con il modello propagandato, cercano di contrastare la regolamentazione di tutte le altre tipologia di famiglia già presenti nella società e sicuramente più numerose dell’idealistica “famiglia naturale”. Il loro programma è semplice: No alle Unioni Civili e tantomeno al matrimonio egualitario, no alle adozioni per le coppie omogenitoriali o per le e i single, no all’educazione all’affettività nelle scuole (propaganda gender), no alla gestazione altruistica. Ma soprattutto no alla revisione di un modello familiare e alla sua disuguaglianza gerarchica che produce oppressione e violenza contro le donne e i minori.
Cominciare a considerare la famiglia come una unione volontaria basata sull’amore e sulla responsabilità anziché sul “dovere” e sulla potestà, ovvero Il diritto, giuridicamente riconosciuto, all’esercizio di un potere, potrebbe essere un inizio.