La preoccupazione di Confartigianato Sud Sardegna per la crisi dei poli industriali di Portovesme e San Gavino. Mereu, Orrù e Spada (Confartigianato Sud Sardegna): “A rischio migliaia di posti di lavoro e la sorte di centinaia di imprese del Sulcis e del Medio Campidano. Il Governo intervenga con atti concreti”.
Il mondo delle imprese del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano, 13mila realtà di cui 5mila artigiane con più di 14mila dipendenti, esprime solidarietà a tutti i lavoratori della Portovesme srl e dell’impianto di raffinazione di San Gavino Monreale ma anche alle piccole micro imprese degli appalti, a quelle indirettamente collegate nei due territori e, in particolar modo, a tutti i lavoratori e alle loro famiglie impegnate nella difesa del lavoro e nella salvaguardia del sistema produttivo del Sud Ovest Sardegna e del centro dell’Isola.
“Sono lavoratori come noi, che soffrono come noi e che da tanti anni come noi combattono per assicurare un futuro onesto e dignitoso alle loro famiglie e ai territori in cui vivono – affermano Fabio Mereu, Norella Orrù e Pietro Paolo Spada, Presidente, Vicepresidente e Segretario di Confartigianato Sud Sardegna – per questo come artigiani
siamo umanamente vicini a tutti coloro che saranno impegnati in una lotta che, senza alcun dubbio e attraverso ogni lecito strumento, dovrà coinvolgere i 2 territori, a partire dai singoli cittadini per arrivare alla politica, alle Organizzazioni Sindacali e Datoriali, ai rappresentanti istituzionali. Come avviene per ogni crisi territoriale
settoriale, in ogni angolo della Sardegna, questo è un problema che ci investe tutti, anche fuori i confini delle aree direttamente interessate”.
Un anno e mezzo fa, quasi in tempi non sospetti e senza l’emergenza caro-energia di questi ultimi mesi, l’Associazione Artigiana del Sud Sardegna lanciò l’allarme esprimendo forte preoccupazione per le conseguenze socio-economiche che il costo dell’energia, privo di un tangibile controllo da parte del Governo, avrebbe potuto avere su territori già provato come quelli del Sulcis e del Medio Campidano e che offre lavoro a circa 80mila persone, tra diretti e indotto.
“L’allarme, come possiamo amaramente constatare adesso, è caduto nel vuoto – continuano Mereu, Orrù e Spada – e se la disastrosa situazione dei 1500 dipendenti dei poli di Portovesme e di San Gavino dovesse trasformarsi in qualche cosa di più grave dal punto di vista lavorativo, c’è il rischio che diverse centinaia di imprese di fornitura indiretta, rappresentate principalmente da piccole realtà, potrebbero dover chiudere per sempre la loro attività, con un gravissimo rimbalzo negativo sull’occupazione e sull’economia dei rispettivi territori”.
Gli effetti devastanti del caro-energia che oggi colpiscono i poli industriali, da più di un anno e mezzo lo subiscono le piccole imprese, realtà molto dinamiche ma anche molto fragili e indifese soprattutto energetico. Secondo i dati più recenti dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, oggi, a causa del caro energia, sono sotto attacco circa 95mila micro e piccole imprese della Sardegna, principalmente quelle sotto i 10 dipendenti; questa situazione perso le PMI ha fatto registrare nel 2022 un aggravio di quasi 850 milioni di euro, determinando un aumento del +147,1% rispetto allo scorso anno, quarto maggior incremento in tutta Italia, contro una media del +135%. Le analisi dell’Organizzazione Artigiana, ricordano anche come questa impennata dei costi, che è destinata a durare almeno fino alla prossima estate, sia andata a gravare per il 6,1% del valore aggiunto prodotto di ciascuna impresa. E ancora
l’incidenza media delle bollette di gas ed elettricità nei bilanci delle aziende sia passata dal 15,8% al 28,1%, di fatto raddoppiata. Significa che mediamente l’energia è diventata una delle spese più importanti per le imprese artigiane sarde. Il deragliamento dei prezzi dell’energia, sta anche comportando una erosione del valore aggiunto delle micro-piccole-medie imprese del 6,1%. I dati dicono anche che, per ogni sardo, la bolletta, nell’ultimo anno, è aumentata in media del 59,1%, quasi 2.212 euro per ogni cittadino. Per queste ragioni, nell’Isola i rincari energetici stanno mettendo in forte crisi 1 azienda su 6, determinando una crisi di liquidità che rischia di mettere fuori mercato una consistente fetta di micro, piccole e medie imprese sarde.
“Il costo dell’energia va bloccato, o quanto meno calmierato, sia per le imprese altamente energivore, per renderle competitive, sia per quelle piccole, affinché possano assorbire nella forma migliore le oscillazioni del mercato energetico – continuano Mereu, Orrù e Spada – senza dimenticare le famiglie, riducendo, come prima mossa, il peso
della componente fiscale sulla bolletta elettrica”.
“Come Organizzazione delle imprese artigiane e delle piccole imprese – rimarcano i vertici di Confartigianato Sud Sardegna – siamo preoccupati e sensibili rispetto a questa vicenda per tutta questa serie di motivazioni e siamo convinti che la soluzione potrà essere favorita anche attraverso una mobilitazione delle persone, delle
imprese e delle istituzioni di tutta l’Isola”.” Quella attuale – sottolineano – è una condizione molto delicata che sta costringendo i piccoli e grandi imprenditori a caricarsi i costi non loro e che potrebbe avere risvolti gravissimi per il territorio. Per questo crediamo che l’eco di questa situazione debba varcare il mare per arrivare a Roma, prima, e a Bruxelles, subito dopo, per cercare una soluzione che non sia un “regalo” o un “privilegio” per tappare la
bocca a un territorio, ma che serva a dare il senso di una vera volontà di tenere tutta la Sardegna attaccata alla penisola e all’Europa, con fatti concreti e non con parole senza concretezza che ci hanno portato alla situazione attuale”.
“Per questo – concludono Mereu, Orrù e Spada – facciamo appello alla buona Politica affinché abbia la forza di superare le divisioni di partito per affrontare un tema che rischia di travolgere tutti, mettendo a serio repentaglio l’economia e lo sviluppo dell’Isola”.