Venezia. Sbarcano lunedì 20 febbraio in laguna i Carnevali della tradizione. Alle ore 15.00, in Piazza San Marco maschere, costumi, storia e cultura si intrecceranno nel salotto più bello del mondo per dare vita ad esibizioni popolari che sapranno affascinare il pubblico.
Per “Take Your Time For The Original Signs” l’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia (Unpli) porta in Piazza le maschere della tradizione, dalla Puglia alla Sicilia, passando per il Piemonte, la Basilicata, il Molise, la Calabria e la Sardegna. Dieci i gruppi selezionati, con oltre duecento figuranti, legati dal comune denominatore di esibizioni che si tramandano da generazioni ed emanano un legame storico con l’identità del territorio, metteranno in scena un evento che coniuga la magia del momento più spensierato dell’anno con il patrimonio culturale immateriale delle manifestazioni antiche, ancestrali, che rimandano ai miti e alla tradizione. La partecipazione dei Carnevali della tradizione si inserisce nel generale palinsesto di spettacoli diffusi e di altri gruppi carnevalizi in Piazza San Marco e nei teatrini del Carnival Street Show coordinati da Massimo Andreoli.
Dalla Puglia arriveranno le maschere tipiche “Domino” e l’“Omene Curte”: il primo una maschera elegante e misteriosa che ha ispirato opere liriche, comiche e drammatiche, il secondo una maschera creata dalla povera gente che, non potendo spendere soldi nel fare abiti adatti allo scopo, la creò con gli abiti di campagna di uso giornaliero nelle famiglie. Sono simboli del Carnevale sammichelino di Bari, che è stato inserito nel 2022 nella lista dei Carnevali tipici italiani, con i suoi festini carnascialeschi ove si balla tutti i giovedì, sabato e domenica dal 17 gennaio al martedì, ultimo giorno di Carnevale.
La regione Basilicata porta la sua storia con la tradizione delle maschere di Tricarico, “I Mash-kr”, personificazioni del toro e della mucca che trasformano il corpo in un elemento simbolico che ci parla attraverso i segni. Questa maschera è un sistema di segni, simboli, indizi e sintomi costruiti sulla base della conoscenza dell’uomo, sintesi della cultura del tempo e che continua, ancora oggi, a trasmettere messaggi, un misto di esperienze intellettuali e tradizioni popolari.
Le forze della natura saranno protagoniste del Carnevale di Alessandria del Carretto, in Calabria, attraverso “U pohicinelle bielle” e “U pohicinelle brutte”, due maschere dai tratti particolari. Tra gli altri costumi importanti ci sono anche “l’Uerse”, maschera bestiale con grandi corna, che nella festa tradizionale attraversava il paese in catene, in una rappresentazione simbolica della potenza della natura che veniva domata e tenuta a bada e “a Coremme” che simboleggia la Quaresima e il suo ruolo è quello di chiudere la festività.
Dalla Sicilia arrivano i “Giardinieri” di Salemi, una maschera che risale all’età tardo-ottocentesca dell’antica maschera dello “Scalittaro”, caratterizzata da una scaletta, attrezzo estensibile, attraverso cui è possibile offrire caramelle o biglietti alle amate o ai passanti durante il periodo di Carnevale. Ancora dalla Sicilia arriva il Carnevale di Misterbianco con i Costumi più belli di Sicilia e che, allo stesso tempo, non è soltanto uno dei più longevi e celebri dell’isola, ma rappresenta anche un patrimonio inestimabile riconosciuto a livello Nazionale essendo iscritto al REIS (Registro Eredità Immateriali della Sicilia).
Il carnevale di Fonni, in Sardegna, arriva a Venezia con le antiche maschere de “s’urthu” e “sos buttudos” le antiche maschere rappresentano la lotta quotidiana dell’uomo contro gli elementi della natura. Altre maschere sono le “Sas Mascheras Limpias” che rappresentano l’eleganza, la bellezza, il bene. Accompagnate spesso dai suonatori di organetto, di solito invadono le vie del paese al ritmo dei balli e canti tradizionali, eseguendo in particolare la danza fonnese. Sempre dalla Sardegna e più esattamente da Samugheo arrivano i “Mamutzones” che rappresentano a un tempo la passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione, le cui feste si celebravano in quasi tutte le antiche società agrarie. Dioniso, il dio che ogni anno moriva e rinasceva, come la vegetazione, è rappresentato dalla maschera zoomorfa de “S’Urtzu”, che indossa una intera pelle di capro, con la testa attaccata.
Il “Bataru” e la “Maribela” maschere tipiche di Agnona, in Piemonte, arrivano a Venezia portando con loro una storia una storia legata alla dominazione francese. Il Bataru prende vita da una tradizione popolare che definisce gli abitanti come batari. Si narra che per la troppa foga del sagrestano nel suonare le campane in un giorno di festa, il battacchio di una di queste si sia staccato mettendo a rischio i fedeli raccolti all’esterno della chiesa. La compagna, la Maribela, partecipa al Carnevale borgosesiano e a tutti quelli vicini portando amicizia e simpatia.
Dal Molise arriva “il Diavolo di Tufara”, espressione simbolica del contrasto tra la vita e la morte, tra il bene e il male. La gente assisterà alle acrobazie del Diavolo, che salta e si rotola in terra, agitando e battendo ripetutamente il tridente sulle pietre delle strade e sugli usci delle case, mentre le altre maschere tentano di prendere in ostaggio con le catene chiunque capiti sul loro percorso. La lunga corsa del Diavolo ha fine verso sera quando, dinanzi si compirà il processo e la condanna a morte di Carnevale.