“L’affare delle acque minerali in bottiglia pone l’Italia in una posizione anomala rispetto alle altre nazioni europee, poiché le aziende non hanno smesso di versare canoni molto bassi alle Regioni per lo sfruttamento delle sorgenti. Lo scandalo delle acque in bottiglia negli anni scorsi è stato denunciato anche da Legambiente e Altreconomia, e già nel 2006, in Conferenza Stato-Regioni, si definì un documento di indirizzo che proponeva canoni uniformi sul territorio nazionale e l’introduzione dell’obbligo di pagare sia in funzione degli ettari dati in concessione sia per i volumi imbottigliati, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per metro cubo imbottigliato. Tuttavia, le condizioni sono rimaste sempre molto vantaggiose per le società che imbottigliano l’acqua: diverse amministrazioni infatti sono ancora inadempienti rispetto a quanto stabilito sedici anni fa”.
“I profitti per le società che gestiscono questo business – spiega Ciusa – sono elevatissimi, dato che i canoni richiesti dalle Regioni per le concessioni hanno importi ridicoli e addirittura in determinati casi non tengono in considerazione i volumi imbottigliati. Occorre avere ben presente che si parla di soggetti privati che hanno in gestione un bene pubblico. Le linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2006 invitano gli enti locali ad applicare entrambi i parametri stabiliti, eppure, ancora oggi in Sardegna e Puglia è previsto il versamento del solo canone legato alla concessione di suolo pubblico: per la prima ammonta a 41,06 euro per ettaro e per la seconda a 149,50 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro in concessione”.
Così il consigliere regionale del M5s Michele Ciusa ha presentato un’interrogazione al Presidente Solinas e all’assessore regionale alla Sanità per chiedere quali misure intendano mettere in campo per applicare un canone uniforme e più elevato.
“È necessario un intervento tempestivo – conclude Ciusa – che consenta alla Regione Sardegna di avere degli introiti maggiori che si traducono in risorse da poter vincolare in investimenti sul territorio isolano a favore della tutela degli ecosistemi acquatici”.